«Io non posso dirlo. Ma il precedente della Corte? Pecorella?». Questo il contenuto del messaggio, scritto sul bordo di una pagina di un quotidiano, che il Pd Nicola Latorre (foto) ha passato al Pdl Italo Bocchino, nel corso della trasmissione su La7 Omnibus, ospite anche il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. «Che un rappresentante dell’opposizione, mio alleato, suggerisca ad un esponente della maggioranza come attaccarmi durante un dibattito televisivo è una rappresentazione visiva della politica del compromesso che mira solo all’esercizio del potere», così poi commentava Massimo Donadi. In sostanza Latorre aiuta chi non dovrebbe aiutare per mettere in difficoltà chi dovrebbe essergli alleato.
Non si sono ancora spente le luci sulla grave accusa di “tradimento” pronunciata da Walter Veltroni nei confronti di Antonio Di Pietro, ai microfoni di Fabio Fazio, che ora sull’altare della commissione di Vigilanza Rai si è consumato l’ennesimo tradimento politico tra Idv e Pd a conferma del ben noto detto popolare: “fratelli, coltelli”, evento sul quale il senatore Latorre, in una intervista al Corsera, non facendo mistero del suo dissenso verso l'Idv, ha calato una pietra tombale «Questo è un episodio che segna in maniera seria i rapporti con l'Idv», riferendosi alla reticenza dipietrista nel proporre una rosa di nomi alternativi ad Orlando per uscire dall'empasse, a cui fa da sponda Roberto Gualtieri, altro esponente del Pd, che invoca «una discussione sugli evidenti errori di conduzione della vicenda», indicandoli «nell'alleanza privilegiata con l'Idv».
Una “sceneggiata napoletana”, all'insegna della più sfacciata ipocrisia e menzogna, celebrata all’ormai famoso “teatrino della politica” che vede: due commissari di opposizione (si suppone dalemiani) votare per il presidente Riccardo Villari indicato dalla maggioranza, Italo Bocchino sorridere ed escludere l'esistenza di «qualsiasi pizzino, perche' Latorre ha soltanto preso una penna e un po' di carta per scrivere un suo appunto», Walter Veltroni annunciare che «Mi ha telefonato ora il senatore Villari, per comunicarmi che andrà dai presidenti di Camera e Senato per dimettersi», il neopresidente della commissione di palazzo San Macuto confermare, per più giorni, le sue immediate dimissioni qualora «maggioranza e opposizione giungessero ad un nome su cui far convergere i propri voti» salvo poi dichiarare: «Zavoli? Nessuno mi ha detto niente. Io non lascio, i partiti facciano un passo indietro. Serve un atto di coraggio», Antonio Di Pietro accusare a Ballarò Berlusconi di aver tentato di portare dalla sua parte, prima lui, poi Leoluca Orlando, e per ultimo il presidente Villari: «Berlusconi? È un grande corruttore politico», al quale replica lo stesso Berlusconi: «Villari non lo conosco, non l'ho mai incontrato, a Orlando non ho mai proposto un appuntamento. Effettivamente a Di Pietro pensai nel '94 di proporre un ministero, ma allora non ero a conoscenza del fatto che da pm aveva messo in galera degli innocenti, persone poi neppure rinviate a giudizio. Avendolo conosciuto, ho rinunciato seduta stante a fargli la proposta. Di Pietro se dice queste cose deve andare dai magistrati a denunciarmi. Io lo denuncerò per calunnia», accuse rilanciate poi anche dal presidente Villari: «Di Pietro, pubblicamente davanti a tutti i mezzi di comunicazione, è passato alla diffamazione».
Inquietante poi l'utilizzo, in questa vicenda, del termine “pizzino”, parola che richiama alla mente la sempre sospettata connivenza tra politica e criminalità organizzata e il sospetto utilizzo, in politica, di metodologie affini a quelle di stampo mafioso.
Che dire? Il Paese subisce la recessione, è a crescita zero, il potere di acquisto di salari e stipendi si erode sempre più, gli investimenti hanno perso i due terzi del loro valore, l'industria è in crisi, i consumi calano, il lavoro è sempre più precario, la disoccupazione cresce e la classe politica si trastulla arroccandosi, con menzogne ed ipocrisia, su posizioni di principio, per più settimane, nella difesa di “poltrone” e relative prebende (!) come se il Paese non chiedesse altro, mettendosi così, sotto i piedi, la TV di Stato.
Prodi, in due anni, ebbe il suo bel daffare nel comporre le quotidiane divergente di una coalizione di centrosinistra composta da ben 9 partiti che “Unione” non si era mai rivelata tale. Ora la vicenda è indicativa del fatto che anche SOLO in due, nel centrosinistra, si litiga comunque, segno che, in realtà, al Paese sono proposte alleanze politiche il cui unico collante è l'opportunismo e non gli accordi di programma. Quando cessa l'opportunità, si sgretola l'alleanza.
Così Di Pietro fu eletto, in quota DS, nel collegio blindato del Mugello, così spesso si assume un atteggiamento di condiscendenza verso un partito più forte tradendo i propri elettori, così in politica si è disposti anche a “tagliare” la testa al proprio compagno di partito, reo, ad esempio, di non essere gradito al Sindaco del partito “alleato”, scambiando il tutto con il sostegno alla propria nomina al parlamento italiano. Una doppia verità per una doppia morale.
Si ha la sensazione di essere sul Titanic – il nostro Paese - che lentamente affonda e dove, sul ponte di comando, i partiti e la classe politica, incuranti delle emergenze, se le “suonano” di santa ragione. Un Paese che, lentamente, precipita dalle stelle alle stalle. E mai, come in questa occasione, si potrebbe perciò affermare che, di fronte alla farsa teatrale ora in scena al teatrino della politica, “...le "stalle" stanno a guardare...”.