Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non vivo a Monselice ormai da molti anni, ma nel paese della Rocca sono nato, cresciuto, ho le mie radici, ho dedicato al mio paese una lunga ed appassionante ricerca storica ed una tesi di Laurea sulla Storia della Storiografia monselicense. Apprendo dalla stampa del progetto di costruzione di un ascensore che, sventrando il colle, dovrebbe portare i turisti vicino alla sua sommità, un progetto di 4-5 milioni di € che la Regione impegnerebbe per il manufatto.
Apprendo anche della singolare velocità con la quale si è passati dalla gara d’appalto all’assegnazione ed all’inizio dei lavori: una velocità non riscontrabile in nessun’altra opera pubblica (magari più utile come il passante di Mestre od altri interventi urgenti nel campo della viabilità).
E tutto questo - un’opera che incide nel tessuto monumentale della città - con un costo stratosferico, di cui nessuno o pochissimi hanno mai sentito la necessità, tutto questo senza sentire la volontà dei cittadini, senza promuovere uno straccio di consultazione popolare, tutto questo probabilmente contro la volontà dei cittadini che ora firmano in massa contro il progetto, considerandolo uno scempio ambientale.
E di scempio ambientale e di un’ opera inutile e costosa si tratta, un progetto che priva il luogo del suo fascino che deriva proprio dal fatto di essere rimasto per tanti anni inviolato perché privato ed inaccessibile, dove il tempo si è fermato, ricchissimo di testimonianze archeologiche romane, medievali ed ultimamente, ritrovate quasi intatte, anche dell’età longobarda.
E proprio da queste ultime testimonianze, da quei ruderi di abitazioni trovati vicino alla sommità del colle il visitatore, chiudendo gli occhi, può sentire gli stessi profumi di vegetazione ed immaginare, riaprendoli, di vedere il paesaggio che vedevano quegli antichi guerrieri: luoghi che richiedono il silenzio per meglio apprezzarli, perché solo nel silenzio si colgono i veri significati, le voci del passato, la grandezza ed unicità della Rocca.
Ora si vuole trasformare l’itinerario di pellegrinaggio, le chiesette, la grande ascesa spirituale, il mastio, quasi inaccessibile, estremo elemento di una struttura difensiva, in qualcosa da cogliere subito, meta di un turismo di massa, mordi e fuggi, trasformando ed invertendo l’itinerario, in velocità, dall’alto al basso, sfregiando con l’ascensore le stesse viscere della Rocca.
Io credo che questo sia un progetto inutile e sbagliato, probabilmente dettato più da esigenze speculative, legate agli affari ed agli appalti che alla necessità di tutelare la storia ed il turismo di Monselice.
Io credo che il miglior servizio, la migliore opera che possiamo riservare a questo fantastico bene ambientale, che è la Rocca di Monselice, consista solamente nel garantirne una buona manutenzione, con la pulizia della scalinata, lo sfalcio dell’erba nei terrazzamenti, la cura delle mura lungo la passeggiata delle Sette Chiesette e la pulizia e lo sfalcio dell’erba anche lungo il versante dell’itinerario che scende verso la Chiesa di S. Martino (lasciato incolto e pieno di erbacce con il pensionamento del vecchio custode).
Questi e solo questi sono i veri servizi e le opere di cui i monselicensi e il colle della Rocca hanno veramente bisogno e che si aspettano dall’Ente pubblico.
“CITTADINI ATTIVI” condivide ed appoggia il lodevole intento volto ad eliminare la pena di morte
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L’Assemblea Generale dell’Onu ha detto sì alla risoluzione per la moratoria contro la pena di morte. Voti a favore 104, 54 no e 29 astenuti, nonostante le dichiarazioni di voto contrarie di paesi come la Nigeria, Antigua, Barbados, Singapore e conquistando 5 voti in più rispetto alla votazione di novembre. Il Presidente della Repubblica Napolitano dice che siamo di fronte ad un fatto storico.
Condivido pienamente l’iniziativa ed il valore sotteso al risultato ed esprimo grandissima soddisfazione per questa proposta partita appunto dall’ Italia che ne è la promotrice. E’ un successo tutto italiano che spero darà ora l’opportunità di aprire un dibattito in vista di una tanto auspicata prossima abolizione. Tuttavia tutto ciò non deve però rallentare l’attenzione perché sia sempre data la certezza della pena inflitta anche qualora essa non dovesse essere scontata con il carcere, attenendosi in pieno al senso della legalità e rispettando la legge e tutto ciò che essa comporta.
Naturalmente non deve mai assolutamente venir meno il rispetto e la dignità della vita umana che è il bene primario di una persona. Il trattamento previsto deve sempre rimanere improntato sull’umana comprensione. Non si è carne da macello. Il nuovo fronte aperto farà si che si eviti il possibile errore nel giudizio a morte (non dimentichiamoci che non si può rimediare ad una errata condanna a morte e la storia in tal senso insegna). E’ la vittoria di un Paese, l’Italia, che ancora una volta dimostra di essere una delle Nazioni più civili.
Nei secoli scorsi si combatteva per il raggiungimento della libertà e della democrazia, gli eroi di ieri erano i soldati, i partigiani e tutti coloro che si battevano per gli ideali ed i valori della giustizia e della dignità dei popoli.
Ma oggi, chi sono i nuovi eroi?
Purtroppo si chiamano Angelo, Antonio, Bruno, Roberto, solo per citare gli ultimi della lista. Gli operai di tutte le categorie, le morti bianche, le vittime del lavoro, di quel lavoro che dovrebbe essere un diritto di tutti. Quelli che sono certi quando escono di casa per andare a lavorare ma che non sono sicuri del loro rientro, e lo stipendio? Misero! (Con 1300 euro non si vive di sicuro rispetto alla situazione economica attuale). E’ questione di un attimo e la vita va in frantumi, non rimane più nulla, anzi no, qualcosa di molto importante resta, sono le famiglie, mogli, mariti, madri, padri, figli, distrutti da un dolore che non sarà più possibile lenire. Cosa ne sarà di loro? Chi li ripagherà del danno subito, da chi riceveranno aiuto? Forse dai datori di lavoro? Dallo Stato, che non ti darà neanche una pensione perché il lavoratore non ha maturato i contributi necessari o quel poco di reversibilità che non basta neppure per fare la spesa.
La questione della sicurezza nei posti di lavoro dovrebbe essere una prerogativa assoluta per il datore di lavoro a prescindere da altro. Non è concepibile, siamo nel terzo millennio, siamo nella Comunità Europea, abbiamo un progresso ultratecnologico, e si muore lavorando! Le normative ci sono perché non vengono applicate come si deve?
Il governo in tal senso dovrebbe intervenire con delle grosse penali a carico delle aziende usufruendo anche di controlli accuratissimi all’ interno, fatti periodicamente (e no una volta ogni tanto) da organi preposti a questo, ed improvvisamente, così non si permette la messa a norma all’ultimo minuto e far figurare che è tutto a posto. Bisognerebbe intervenire prima per non recriminare quando è già troppo tardi. Non è demagogia, ma visto quello che abbiamo sotto gli occhi……..
Ma non è che forse è troppo costoso mettere in sicurezza i posti di lavoro? Se così è, diciamo solo che: “ La vita umana non vale nulla, è solo un numero di matricola. E tu che rimani vivo non hai più neanche il diritto di piangere i tuoi morti! "
Da quando è saltata fuori la notizia, nella Regione Veneto regna il panico. Le ASL, gli ospedali, i medici di base non riescono più a far fronte alle innumerevoli telefonate dei cittadini impauriti e preoccupati. La ragione di tutto questo? E’ lei: la meningite. Questo male che ancora oggi continua a ripresentarsi. Ma non doveva essere una malattia estinta?
In questa settimana sono già stati tre i morti per meningite fulminante, la più pericolosa. Il Ministero della Sanità fa sapere che: “la meningite è in costante diminuzione e che comunque in Italia ogni anno si verificano circa 900 casi di meningite batterica. E’ un’infiammazione delle meningi (le membrane del cervello e del midollo spinale).Circa 1/3 è causato dal meningococco C (come i casi registrati in veneto), 1/3 dallo pneumococco, gli altri casi dal batterio Emofilo ormai controllato dalla vaccinazione specifica fatta ai neonati. Il meningococco - prosegue il ministero - è un frequente abitante della nostra gola, nel 10% dei casi non dà alcun problema e solo in rari casi può diventare aggressivo e sviluppare la malattia. Il contagio avviene da persona a persona con contatti stretti ed in ambienti affollati, ma il batterio non riesce a sopravvivere nell’ambiente (se non per alcuni minuti), negli alimenti o sugli oggetti. I sintomi sono febbre, cefalea, rigidità del collo, nausea, vomito, per arrivare nei casi più gravi a convulsioni e coma. Progredisce rapidamente e se non diagnosticata per tempo, in 24-72 ore si può morire. E’ una malattia infettiva grave ma curabile.
A questo punto ci si chiede :”Se è considerata tale, perché la gente ha paura? Come ci si deve comportare?” Dalle ASL fanno sapere di stare tranquilli perché il focolaio è circoscritto, già, ma questo fino a ieri, visto che proprio oggi è arrivata la notizia del nuovo caso di ricovero all’ospedale di Padova di uno studente universitario residente a Conegliano Veneto. Le condizioni sono gravi ed è in prognosi riservata.
Di fronte a tutto questo è giusto che i cittadini reagiscano con incontrollata paura ed è inutile aspettare e perdere altro tempo, meglio far partire subito le vaccinazioni di massa e non il 27 dicembre come hanno deciso le ASL di Pieve di Soligo, Asolo e Treviso. Si possono capire i tempi tecnici di cui si ha bisogno per organizzare tutto, ma davanti a certe situazioni che già inizialmente presentavano una cetra pericolosità e urgenza bisognava muoversi subito. Il contagio è veloce non lo si può controllare in maniera totale, quante persone dalla sera dell’8 dicembre hanno incontrato altre persone di altre zone, ed ora, con le vacanze di Natale alle porte, gente che parte gente che arriva. Non stanno tranquilli né bambini, né giovani, né adulti.
Il provvedimento riguarderà i giovani dai 15 ai 29 anni di età. E quelli dai trenta in poi? Si tappano in casa? E’ giusto invece che ci si possa vaccinare tutti indistintamente. Anche i luoghi di lavoro potrebbero essere a rischio, non si può sapere che tipo di vita conducono le persone che ci stanno a fianco durante le ore di lavoro. Non bisogna discriminare. Allora, non è questa un’altra contraddizione della stravagante Italia? Pensiamoci su.
Non si spegne la polemica sul caso De Magistris. Continua a far discutere il suo allontanamento come Sostituto Procuratore della Repubblica al Tribunale di Catanzaro. Il suo torto è stato quello di occuparsi di casi di corruzione nella pubblica amministrazione e rapporti tra criminalità e politica.
L’inchiesta che ha sollevato tanto scalpore è denominata “Why not”, dal nome di una società di lavoro interinale di Lamezia Terme, la cui attività è uno dei filoni dell’indagine. Questa ruota attorno a presunti contatti tra l’imprenditore Antonio Saladino,.ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria e la cosiddetta “Casta”.
Il magistrato scopre che molto probabilmente questa società è finalizzata all’intercettazione di una gran parte dei finanziamenti pubblici erogati dalla Calabria e dall’Unione Europea per servizi, che vanno dalla sorveglianza idraulica alla tutela del patrimonio, gestione di banche dati e altri servizi informatici.
Perché tanta ingerenza del mondo politico in quello della giustizia? Altri indagati sono: Poletti l’attuale capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza, Nicola Adamo il vicepresidente della Regione Calabria, Mario Pirillo (DS) assessore regionale all’agricoltura e forestazione, Antonio Acri consigliere regionale dei DS. Insomma un intreccio interminabile, una lobby politico-affaristica che fa togliere l’inchiesta a De Magistris.
Ma veramente il magistrato ha violato i suoi doveri nella conduzione delle inchieste (comprese anche la Poseidone e la toghe lucane) o aveva scoperto troppo? Forse si, ma non solo questo, voleva solo fare il suo dovere e perseguire la giustizia, indipendentemente da chi fosse il colpevole.
Mostrare il volto onesto della Calabria, di quella Calabria con i suoi onesti cittadini che producono e lavorano a dispetto di tutto e di tutti. Ancora uno schiaffo alla Calabria bistrattata. Ma non è ancora finita. Nonostante la sezione disciplinare del CSM dovrà pronunciarsi l’11 gennaio 2008 sulla richiesta di trasferimento d’ufficio in tutta Italia sono partite petizioni pro De Magistris, gli italiani si sentono tutti vicini al magistrato della vera giustizia che i potenti vogliono fuori dalla Calabria.
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