Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
«La scelta della cosiddetta "tripla quota" non è stata deliberata dal gruppo consiliare, ma risponde ad una prassi sempre seguita sia nel gruppo del Pdl sia negli altri gruppi che ho trovato al mio insediamento. Non tutti i componenti del mio gruppo consiliare erano a conoscenza di questa prassi e delle modalità con le quali mi attribuivo la cosiddetta "tripla quota"» così Franco Fiorito l’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio giustifica l’ammanco di 1,357 milioni di euro che, per usi personali, ha distolto dai fondi del suo partito.
Il capogruppo spiega che governatore e giunta fissavano il budget annuale, ma poi «quella cifra veniva ritoccata». Così la cifra destinata al «rapporto tra elettore ed eletto» passava da 5 milioni e 400 mila euro a 14 milioni, 100 mila euro netti in più per ciascun consigliere. Trovati come? «Provvede il presidente dell' assemblea regionale, ritagliando da altre voci di bilancio, quali i trasporti, piuttosto che la scuola o la sanità, importi tali che, convogliati sui gruppi, consentano, alla fine, di far tornare il conto». Il denaro veniva stornato dai soldi che dovevano essere utilizzati per i servizi pubblici destinati ai CITTADINI. Tutto era lecito e dovuto in base ad una “prassi consolidata”. Il Lazio era diventato un’immensa abbuffata, la Lombardia è sotto inchiesta, come pure la Campania, in Veneto ed in Piemonte venivano concessi migliaia di euro fuori busta. Per non parlare della Sicilia e della Sardegna. Su dodici consigli regionali presi in esame, otto non dispongono di un regolamento che obbliga i politici ad allegare scontrini e ricevute. Basta una semplice richiesta per attingere ai fondi. Regioni che, secondo la Ragioneria dello Stato, costano circa 222 miliardi di euro.
Ma se “così fan tutti” ed “era la prassi” erano i giustificabili (?) motivi per “rubare” risorse pubbliche, ora, più recentemente, a giustificativo s’invoca il diritto alla privacy: «Io sono per la massima trasparenza - dice Giorgio Lunelli consigliere del Trentino Alto-Adige - ma dobbiamo stare attenti all'eccesso di trasparenza, che può mettere in difficoltà chi svolge attività politica. Se io ho un incontro riservato e vado a pranzo con una persona può rappresentare un problema dover pubblicare la spesa con il nome della persona con cui sono andato a pranzo». Invocare la privacy per non rendere conto di come vengono spesi i soldi pubblici è l'ultimo disperato tentativo per conservare privilegi assurdi e ingiustificati quale l’auto-assegnazione di fondi consistenti, oltre alla propria già lauta indennità, da spendere e spandere senza alcun tipo di controllo o di verifica da parte di alcuno, ma il Garante, sul tema della privacy ha già risposto più volte: non esiste la privacy sui soldi pubblici. E poi da anni s’invoca l’autoregolamentazione ma, come emerge ora da scandali su sanità, consigli regionali, appalti, fondi UE per lo sviluppo, la classe politica è ormai un malato cronico di illegalità, qualunque sia l’organizzazione del Paese.
Un recente studio ha dimostrato che esiste una relazione tra le indennità di presidente e consigliere di regione ed il benessere dei loro CITTADINI, relazione che diviene ancora più forte se si confronta il livello delle indennità al tasso di disoccupazione: le regioni con il tasso di disoccupazione più alto sono anche quelle con l’indennità maggiore. Le indennità non sono perciò legate ai risultati economici del territorio. Al contrario, emerge una relazione negativa tra stipendi della politica locale, benessere economico e andamento del mercato del lavoro. E questo dimostra come la distanza tra la cura dell’interesse dei CITTADINI e gli eletti sia siderale!
Armando Della Bella
copyright © ottobre 2012