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RASSEGNA STAMPA

n. 1058 del 29/03/2007

L'ONOREVOLE HA FATTO 13

Ricchi stipendi. Incassati insieme al compenso da ex parlamentare. Ecco i re Mida del vitalizio: ministri, manager, avvocati, vertici Rai, consiglieri del Csm, professori, medici...

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Cumulano i politici di professione, quelli che passano dallo scranno parlamentare a quello municipale. È il caso di Giuseppe Gambale, il baby-pensionato più giovane d'Italia. Con quattro legislature alle spalle e 20 anni di contributi versati, Gambale ha lasciato Montecitorio l'aprile 2006. Con grande amarezza, ma con l'avvenire assicurato. A soli 42 anni e grazie al trattamento di favore che in materia previdenziale i parlamentari si sono riservati, Gambale riscuote un vitalizio di 8.455 euro lordi al mese. Non basta: esponente della Margherita a Napoli, è stato arruolato dal sindaco Rosa Russo Jervolino come assessore alla Scuola e legalità. Incarico retribuito con 4 mila euro mensili che lui somma alla pensione parlamentare. Senza fare una piega: "Faccio cumulo. E allora? Non ho tolto niente a nessuno e non sono disposto a rinunciarci. Il vitalizio", dice, "è il frutto di quello che ho versato negli anni di servizio parlamentare, è come se avessi stipulato una polizza privata. Quanto alla mia giovane età, dov'è lo scandalo? Vuol dire che ho iniziato a lavorare presto".

Cumulano i politici della prima Repubblica che oggi collezionano incarichi manageriali degni dei più alti livelli retributivi. Pochi ricordano Antonio Patuelli, vicesegretario del partito liberale: proprietario terriero e imprenditore agricolo, approdò per la prima volta alla Camera nel 1983 e ora, a 56 anni, con dieci annualità di contribuzione, prende un vitalizio di 4.725 euro. Che cumula agli introiti che gli vengono anche dalla lunga serie di incarichi che ricopre: presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna; vicepresidente della Banca di Imola, della Fondazione Cassa di Risparmio e Banca del Monte di Lugo, dell'Associazione fra le Casse di risparmio italiane e dell'Associazione bancaria italiana; nonché consigliere della Cassa di risparmio di Firenze e del Cnel: "I diritti acquisiti non si toccano", tuona Patuelli: "Io non ho altra garanzia pensionistica che quella parlamentare. Quanto al cumulo, chi si scandalizza dovrebbe guardare altrove, a cominciare dai parlamentari pensionati che hanno ruoli di governo".

Nello scandalo che vede i parlamentari riscuotere vitalizi con regole di sfacciato favore rispetto ai comuni cittadini, dall'età anagrafica (anche sotto i 50 anni) all'anzianità lavorativa (bastano due anni e mezzo di presenza in Parlamento) al metodo di calcolo (retributivo per tutti), c'è un aspetto che rivela ulteriormente i privilegi: la possibilità di cumulare la pensione con qualsiasi altro reddito, un vantaggio che i comuni pensionati possono solo sognare. Secondo le regole in vigore, la pensione si può cumulare con altri redditi da lavoro dipendente o autonomo a condizione che essa sia stata liquidata sulla base di almeno 40 anni di anzianità contributiva o che il pensionato abbia raggiunto l'età per la pensione di vecchiaia, 65 anni per l'uomo, 60 per le donne. Requisiti che per i vitalizi non si richiedono affatto: "È un altro privilegio sfacciato", denuncia Luigi Angeletti, segretario generale della Uil. "Per questo diciamo al governo: sul tavolo della trattativa per le pensioni mettiamo una pregiudiziale: non accetteremo altri tagli per i cittadini se non si eliminano i privilegi parlamentari". Bella intenzione, anche se difficile da realizzare. I signori del cumulo si annidano dappertutto. A cominciare dal governo. Dove, tra viceministri e sottosegretari, si contano 20 casi di cumuli eccellenti, persone che al vitalizio sommano le indennità spettanti ai membri dell'esecutivo non parlamentari e che vanno da 192 a 198 mila euro annui. Di chi si tratta? Tra gli altri, di Roberto Pinza e Enrico Micheli, Giampaolo D'Andrea e Famiano Crucianelli, Alfonso Gianni e Nando Dalla Chiesa, Elena Montecchi e Luigi Manconi. Con una anomalia ulteriore: i casi di coloro che a queste due voci sommano anche la pensione maturata come giornalisti (Ugo Intini) o magistrati (Alberto Maritati). "Una situazione inaccettabile", rincara Raffaele Costa, ex deputato di Fi: "Bisogna impedire ai parlamentari di cumulare il vitalizio con altri redditi, anche a coloro che hanno più di 65 anni di età".

Costa sa di cosa parla. Settantenne, parlamentare di lungo corso, con 35 anni di contributi riscuote quasi 10 mila euro di vitalizio. Che cumula ai circa 3 mila euro netti di indennità spettantegli come presidente della Provincia di Cuneo e agli altri 800 euro della pensione da avvocato. Privilegiato anche lui, insomma. "Le mie non sono però grandi cifre", si difende, "ma tenendo conto che milioni di italiani vivono con redditi tra 500 e mille euro al mese ritengo uno schiaffo all'equità continuare a incassarli. Spero che il Parlamento elimini l'anomalia, i vantaggi per la finanza pubblica sarebbero notevoli soprattutto se si tiene conto del grande numero di ex parlamentari che cumulano".

Come alla Rai, dove i titolari di vitalizi la fanno da padroni. A cominciare dai vertici. Claudio Petruccioli, il presidente, cumula il vitalizio di senatore Ds, oltre 9 mila euro mensili, ai 300 mila euro annui elargitigli dal carrozzone radiotelevisivo. E come lui i consiglieri (fino a 180 mila euro l'anno dalla Rai) Carlo Rognoni e Giuliano Urbani, titolari rispettivamente di un vitalizio parlamentare di 8.500 e 6.500 euro mensili. In più Petruccioli e Rognoni sommano anche le pensioni maturate da giornalisti professionisti.

O come al Consiglio superiore della magistratura, dove i cumuli sono innumerevoli. Nicola Mancino, il vicepresidente, al vitalizio senatoriale di quasi 10 mila euro mensili somma il compenso del Csm che è pari a quello del primo presidente di Cassazione (fino a 246 mila 800 euro lordi l'anno), mentre gli ex parlamentari Gianfranco Anedda, Vincenzo Siniscalchi e Michele Saponara al vitalizio sommano come consiglieri un compenso lievemente più basso di quello di Mancino.

Poi ci sono i privilegiati dell'università. In testa alla lista Ferdinando Di Orio, ex senatore Ds. Due mandati parlamentari, 59 anni, Di Orio è docente universitario di Igiene e Rettore dell'Università de L'Aquila. Come ex parlamentare riscuote un vitalizio di 4.725 euro lordi. Come professore e rettore altri 5 mila euro netti, che cumula al vitalizio. Come gli illustri ex deputati e senatori Massimo Teodori ("I vitalizi vengono dati troppo presto", dice), Pietro Scoppola, Alberto Asor Rosa, Gabriele De Rosa, Armando Plebe, Rosario Villari, tra gli altri, che al vitalizio sommano stipendi o pensioni da docenti che possono toccare anche i 4 mila 500 euro netti mensili.

Dall'università alle aule di tribunale. Cumulano al vitalizio stipendi o pensioni da magistrati Giuseppe Ayala (da poco tornato al lavoro alla corte d'appello dell'Aquila) e Ferdinando Imposimato, Filippo Mancuso e Claudio Vitalone. O laute parcelle da avvocati, come Giuliano Pisapia e Tiziana Parenti (ex magistrato), Carlo Taormina e Lorenzo Acquarone, Giuseppe Guarino e Raffaele Della Valle. Non mancano poi tra i cumulatori gli imprenditori come Vittorio Cecchi Gori, i sindacalisti di nome come Pierre Carniti, Agostino Marianetti e Antonio Pizzinato, ex segretario generale della Cgil ("Regole da rivedere", dice), così come i luminari della medicina, a cominciare da Valentino Martelli, cardiochirurgo. Che da Cagliari lancia un urlo di dolore: "Rinunciare al vitalizio? Mai. Con la politica ci ho già rimesso troppo: prima di entrare in Parlamento dichiaravo al fisco più di 1 miliardo di lire. Ora, dopo aver perso dieci anni di professione, mi è rimasto solo lo stipendio da direttore del dipartimento di chirurgia cardiovascolare, appena 3 mila 400 euro netti al mese".

Una miseria, se confrontata ai redditi di Vito Riggio, che al vitalizio cumula 150 mila euro lordi di commissario dell' Enac, o di un carneade come Antonio Falconio, ex deputato dc ed ex governatore dell'Abruzzo. Al vitalizio parlamentare (3.108 euro) e a quello regionale (altri 4 mila euro) Falconio cumula circa 5 mila euro al mese di un incarico presso l'ente regionale agricolo (Arssa) e altri 3 mila euro netti di pensione come giornalista Rai. Un maestro del cumulo, insomma, anche se tra le penne onorevoli non è il solo a fare scuola. Lunga è infatti la lista di giornalisti titolari di un vitalizio parlamentare. Bettiza, Bonsanti, Caprara, Caputo, Conti... Citarli tutti è impossibile. Tra essi però c'è un neopensionato che ha messo a segno un colpo da maestro: Maurizio Bertucci. Giornalista Rai, quando nel 1994 è entrato in Parlamento era segretario di redazione con il grado di caporedattore. Non rieletto nello scorso aprile, Bertucci riscuote ora un vitalizio di 6.500 euro. Che cumula allo stipendio Rai di altri 5 mila euro netti mensili e soprattutto alla promozione che ha avuto rientrando a viale Mazzini dove è diventato subito vicedirettore di Rai International. (Primo Di Nicola, ha collaborato Mario Fabbroni)


L'Espresso, 15.2.2007


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