Se Prodi ce la farà a guidare l'Italia per cinque anni dovrà essere fatto santo
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(Giampaolo Pansa) L'ho sempre saputo che Massimo D'Alema era provvisto di humour. Il 29 gennaio ha detto a Massimo Giannini di 'Repubblica': "Sto partendo per il Giappone, quando ritorno fatemi trovare il governo!". L'ironia era rivolta a due ministri dell'Unione: Clemente Mastella e Alfonso Pecoraro Scanio, per i loro proclami da scassapagliai. Mastella aveva gridato sui Pacs: "Non li voto, a costo di far cadere Prodi". E Pecoraro si sta dannando per spingerci al ritiro da Kabul, invece di occuparsi, come dovrebbe, dell'ambiente.
Tuttavia, i due ministri citati da D'Alema non sono i soli a far ballare il governo Prodi. Dentro il centro-sinistra, emerge ogni giorno di più una tragica Babele dei ricatti. Tutti pretendono qualcosa e minacciano sfracelli pur di ottenerla. Si ricatta sulla missione in Afghanistan e tre ministri dell'area radical-regressista rifiutano di votarla. Si ricatta sulla base Usa di Vicenza. Si ricatta sulla riforma delle pensioni. Si ricatta su che cosa e quando liberalizzare. Insomma, si ricatta su tutto e il contrario di tutto.
Già prima del voto, Romano Prodi annusava la Babele in arrivo. Nell'intervista per 'L'espresso' mi disse: "Io voglio governare, non mediare". Ma non immaginava il Vietnam partitico che sarebbe emerso subito dopo l'anoressica vittoria elettorale. L'Unione si è rivelata una giungla zeppa di avversari pronti a sterminarsi. E sin dal giorno d'inizio, l'essere al governo non è mai stato come trovarsi in un pranzo di gala.
Ricavo l'immagine da un intervento di Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione, capace di analisi non banali. Domenica 28 gennaio, in un lungo articolo su 'Liberazione', ha spiegato a chi è più massimalista di lei l'aria che tira dentro il governo dell'Unione. Aria di battaglia incessante, di bracci di ferro senza sosta, di contrasti difficili da conciliare. "Per noi, sinistra radicale" scrive, "la scelta di stare in questo governo configura, oggi come ieri, un faticosissimo terreno di lotta. Un cantiere dove si lavora per strappare i risultati più avanzati possibili. Un luogo dove si danno e si prendono botte".
Dare e prendere botte! Non è così che gli elettori del centro-sinistra avevano immaginato il governo. Certo, molti sapevano che non sarebbe stato facile tenere insieme una carovana di dieci partiti, sempre più incompatibili fra loro. Però il 'terreno di lotta' no, questo non l'avevano previsto. Volevano concordia e unità. Non l'hanno avuta, eppure continuano a richiederla. Un sondaggio della Swg rivela che oggi il 92 per cento degli elettori sia di centro-sinistra che di centro-destra grida a tutti i partiti: basta con i litigi, dialogate!
Purtroppo, chi sta in Parlamento di questi sondaggi se ne fotte. Dell'elettore, dei suoi umori, delle sue incavolature non gl'importa nulla. Anzi, è così masochista da non curarsi neppure dell'immagine pessima che i partiti si sono conquistati presso gli italiani senza potere. Ogni giorno, qualche pennacchione strilla sui rischi dell'antipolitica. Fingendo di non sapere che sono proprio i partiti, a cominciare da quelli al governo, ad alimentare un rifiuto del sistema partitico, sempre più diffuso e incattivito.
A costo di beccarmi il rimprovero di tifare troppo per Prodi, voglio scrivere che, se a Palazzo Chigi non sedesse il Professore, il governo sarebbe già andato a ramengo. Lui non ha alle spalle parrocchie sgranate in correnti che si sbranano: tre nei Ds, altrettante nella Margherita, quattro o cinque in Rifondazione. Lui non fa ricatti, ma deve sfiancarsi a smontarli. È vita, questa? Se Prodi ce la farà a guidare l'Italia per cinque anni, dovrà essere fatto santo. E a Bologna ci sarà la sua effige in San Petronio.
Chi parla con i cittadini qualunque, avverte il montare di un rifiuto rabbioso nei confronti dei partiti. Sento dire ogni giorno: loro ci chiedono sacrifici, ma sono i primi a non farli. La politica continua a spendere e a spandere a favore delle clientele che dilagano più di prima. E i famosi governi locali, invece di ridurre le spese, aumentano le tasse. Sul 'Giornale' del 29 gennaio c'era una pagina terrificante sulle spese assurde della Regione Lazio, in mano al centro-sinistra. Un cronista puntiglioso, Giuseppe Salvaggiulo, ha elencato una pioggia di euro a tutti e a chiunque. Per Case dell'Ambiente, Case della Pace, Isole ecologiche, studi sul randagismo, lotta al diabete in Kosovo, marce del perdono, rassegne enogastronomiche, Aprile in tavola, Ciociaria bella e buona, Sabina Chocolate, Sagre della bruschetta, Trekking metropolitano, Festa del fungo porcino, Stage di karate, e chi ne ha più ne spenda.
Quanto potrà durare la festa? A forza di ricatti e di spese pazze, ben poco. Poi verrà il diluvio. E avrà la faccia di qualche signore, oggi ignoto, che farà sparire questa Seconda Repubblica inetta e vorace. Forse il Bestiario non lo vedrà. Ma almeno se ne sarà andato senza il rimorso di aver taciuto sul pericolo in agguato.