CUCCAGNE/GLI SPRECHI DI BRUXELLES - Ogni anno il parlamento europeo spende più di 500 milioni di euro per mantenere due sedi, regalare rimborsi spropositati ai propri membri e sovvenzionare un fondo pensioni fallimentare. Viaggio all’interno di un’istituzione democraticamente eletta che cerca in tutti i modi di difendere i propri privilegi. Infischiandosene dell’opinione pubblica (e della decenza)
di Marco Masciaga
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I lettori che faticano ad arrivare alla fine del mese sono avvertiti. Proseguire con la lettura potrebbe farvi male. Sapere come vengono rimborsatele spese di viaggio degli eurodeputati, sceprire quanto costa una segretaria a Bruxelles o come viene finanziato il fondo pensione del «più grande parlamento sovranazionale del mondo» potrebbe procurarvi un’ulcera. Perché, ai 200-250 milioni di euro spesi ogni anno per tenere in piedi due sedi, una nella capitale belga e una a Strasburgo, vanno aggiunti 300 milioni a legislatura di benefit, privilegi e spese ancora più difficili da giustificare.
A cominciare dai viaggi: quando ognuno dei 732 europarlamentari si sposta in aereo tra casa propria e una delle due sedi riceve un rimborso. Fin qui nulla di strano. Curiosamente però non gli viene restituita la cifra che ha speso, ma una somma fissa. «Più precisamente la tariffa YY, equivalente al biglietto in economica più “flessibile” che c’è», spiega l’eurodeputato austriaco Hans-Peter Martin. In soldoni significa che quando un europarlamentare romano vola da Fiumicino a Bruxelles con Alitalia spende 249 euro e incassa un bingo: 1.421 euro, cioè 1.172 in più rispetto alla spesa sostenuta. E non è finita: al rimborso va sommata l'«indennità di distanza»: una cifra calcolata in base ai chilometri percorsi, che in questo caso ammonta a 274 euro. A fine settimana il nostro europarlamentare si sarà messo in tasca 1.446 euro. A fine mese, dopo tre sessioni a Bruxelles e una a Strasburgo, saranno poco meno di 6mila. Netti. Esentasse. Da sommare allo stipendio che nel caso degli italiani è il più alto del continente: 10.975 euro mensili.
Per fare questi conti siamo partiti dall’assunto che il nostro legislatore abbia volato con una compagnia di bandiera. «Alcuni, per spendere ancora meno, viaggiano con le low cost», racconta Martin. Non importa se gli scali su cui si vola sono scomodi: per andare da casa in aeroporto s’intascano 40 euro per il taxi (e chi si fa portare dalla moglie arrotonda ulteriormente) e per raggiungere l’Europarlamento dallo scalo d’arrivo si può contare su un‘auto blu. Per la modica cifra di 1 milione di euro all’anno i legislatori più fortunati del continente vengono scarrozzati avanti e indietro da un esercito di 97 berline. Agli autisti il lavoro non manca: anche perché i deputati più sparagnini non esitano a volare su aeroporti lontani anche 240 chilometri da Strasburgo pur di spuntare la tariffa più bassa.
I generosi rimborsi per spostarsi tra casa propria e Bruxelles non sono le uniche indennità di viaggio dei deputati europei. Ne esiste una da 3.900 euro all’anno che può essere richiesta per partecipare a conferenze, convegni o cene di lavoro fuori dall’Unione europea. «Procurarsi un invito per un Paese che si ha voglia di visitare non è difficile - spiega Martin - E se l’incontro dura due ore e il viaggio tre settimane all’amministrazione del parlamento non importa. In questo modo chi va in vacanza in America può farsi rimborsare un volo in business class fino a San Francisco».
Nella classifica degli scandali dell’europarlamento, un posto di rilievo lo merita il sistema delle diarie: i deputati incassano 268 euro per ogni giorno di lavoro. Anzi di presenza, non importa quanto fugace. A questo scopo è stata allestita una sala dove registrarsi che fino a 3 anni fa restava aperta dalle 8 alle 21. Spesso accadeva che gli europarlamentari si presentassero al mattino di buon’ora, «timbrassero il cartellino», e poi tornassero nei rispettivi Paesi. Poi il sistema è andato in crisi. Per un sussulto di dignità? No, perché passare dal parlamento alle 8 per molti significava perdere il primo volo verso casa. Ora si può firmare già alle 7, incassare la diana e andarsene via. Quando, qualche mese fa una troupe televisiva tedesca ha filmato la cerimonia della firma e della fuga è scoppiato il putiferio. E un gruppo di deputati ha proposto di mettere fine a quella vergogna: punendo i disonesti? No, chiedendo ai giornalisti più «rispetto per la dignità umana e per la vita privata degli individui» e proibendo le riprese. «E un classico abuso di potere - spiega Hans Herbert von Arnim, docente di scienze politiche ed esperto di tematiche retributive - Agiscono senza alcuna forma di controllo. In qualsiasi azienda questa sarebbe una frode».
Ma le diarie da 268 euro sono una goccia nel mare degli eurosprechi. Ogni deputato oltre allo stipendio, riceve mensilmente 3.785 euro per far funzionare un proprio (eventuale, non occorrono ricevute) ufficio in patria. Non solo, dopo soli 6 mesi di presenza a Bruxelles si acquisisce il diritto a godere del 50% di questa cifra anche per primi i tre mesi successivi alla fine del mandato.
A questa indennità se ne aggiunge una ancora più corposa, quella per pagarsi il portaborse: 4.865 euro mensili. E in questa piega del budget europeo che si annidano i casi di nepotismo più clamorosi: fino a pochi mesi fa i deputati leghisti Francesco Speroni e Matteo Salvini avevano a libro paga il figlio ed il fratello del leader del loro partito Umberto Bossi. Dopo la denuncia del Corriere della Sera li hanno scaricati. Chi invece proprio non riesce a fare a meno di assumere i parenti sono i deputati inglesi: è dei più euroscettici del continente il record delle mogli e dei figli a libro paga.
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PENSIONI, UN POZZO SENZA FONDO
Nel pacchetto di benefit degli europarlamentari non poteva mancare una pensione integrativa. Circa due terzi dei deputati versa 948 euro al mese in un apposito fondo che non solo attinge generosamente alle casse pubbliche (per ogni euro versato i parlamentari ne ricevono due "in regalo"), ma è anche gestito in maniera piuttosto disinvolta. Tanto che lo scoppio della bolla della new economy vi ha lasciato un buco di 41 milioni di euro che verrà coperto con una robusta iniezione di denaro pubblico.
Era già successo nel 1996, quando l’ammanco ammontava a 5 milioni di euro. Come se non bastasse, per ragioni di semplificazione contabile, i contributi versati dagli europarlamentari non provengono dai loro stipendi, ma dal fondo spese per la gestione dell’ufficio. Ogni deputato dovrebbe poi coprire l'ammanco. Ma la proposta di fare controlli in tal senso non è passata.