L'ex Ministro Raffaele Costa (nella foto): «Insostenibili retribuzioni e numero di deputati e senatori. Rispetto alle prime denunce di vent'anni fa ora la gente e' attenta e tifa per noi»
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«Il collegamento dell’indennità parlamentare alla retribuzione dei magistrati è un meccanismo storico. In generale porta benefici grazie all’automatismo, ma in certi casi finisce per diventare anche un privilegio, perché si aggiunge ad altri benefici di cui godono deputati e senatori».
Avvocato, deputato dal 1976 al 2001 ed europarlamentare dal 1999 al 2004, più volte ministro e sottosegretario, leader del Partito liberale e poi esponente di Forza Italia, ora presidente della Provincia di Cuneo, Raffaele Costa è un pioniere della lotta agli sprechi nella politica e nella pubblica amministrazione. Da ministro dei Trasporti e poi della Sanità, all’inizio degli anni ’90, inaugurò i blitz sui treni e negli ospedali per verificare con gli utenti le inefficienze dei servizi pubblici. Dalle sue crociate ha tratto anche quattro libri, da «Il dottore è fuori stanza» a «La mia Prima Repubblica», oltre ad alimentare il periodico Il Duemila, fondato trentacinque anni fa.
Da decenni Costa si occupa di questi temi. Senza reticenza. «I parlamentari sono dei privilegiati? Certo. Tanto che - ricorda - quando ho scritto il libro “L’Italia dei privilegi” mi sono definito “un autore privilegiato”. Il problema non è solo quello degli stipendi, ma soprattutto il numero di parlamentari. In Italia ne abbiamo mille, un numero incomparabile rispetto ad altri Paesi democratici con popolazione analoga».
Quasi vent’anni dopo i primi blitz negli uffici pubblici e le isolate denunce degli sperperi nel palazzo, Costa prova a fare un bilancio. In chiaroscuro. «I miglioramenti non sono evidenti. Mi guardo intorno e mi chiedo: che risultati ho ottenuto? Per esempio che non è cresciuta la spesa dei ministeri. Però nel frattempo è dilagata quella delle Regioni e degli enti locali...».
Nonostante ciò, Costa è ottimista. Perché la vera novità è che negli ultimi anni il tema è stato «sdoganato», anzi è diventato popolare, costringendo sulla difensiva anche politici e burocrati. «Il segnale positivo è che la parola sprechi è diventata di dominio pubblico: quindici anni fa, quando la pronunciavo, mi consideravano come una persona strana, mentalmente disturbata. E se parlavo di auto blu, mi guardavano male. Ora però la gente è attenta e tifa per noi». La prova del clima cambiato? «Il Quirinale per la prima volta ha pubblicato i suoi conti. Per anni, durante il dibattito sulla Finanziaria, presentavo un emendamento in tal senso. E puntualmente mi rispondevano: “Per consuetudine costituzionale il bilancio della Presidenza della Repubblica è riservato”».(GSal)