Il giornale britannico pubblica una serie di dati relativi al trattamento economico dei parlamentari italiani e li compara con quelli di alcuni loro omologhi europei. Ne emerge una realtà già nota: i nostri onorevoli sono i più pagati in Europa
Roma - In Italia fare il parlamentare significa spesso esercitare un privilegio più che svolgere una professione che comporta obblighi e spirito di servizio verso la comunità degli elettori. È questo, in sintesi, il messaggio contenuto in un articolo, non privo di un po' di ironia neppure troppo mitigata da anglosassone understatement, pubblicato oggi dall'International Herald Tribune. Il giornale produce una serie di dati relativi al trattamento economico dei parlamentari italiani e li compara con quelli di alcuni loro omologhi europei. I legislatori italiani ricevono un assegno mensile di circa 16.000 euro (pari a 21.000 dollari, precisa l'articolista) a fronte dei circa 7.000 euro (scarsi) percepiti da un membro dell'Assemblea nazionale francese o dei 5.000 di un deputato svedese.
Inoltre, le remunerazioni molto elevate non riguardano soltanto i 945 membri delle due Camere, i 78 deputati italiani al Parlamento europeo e i rappresentanti delle amministrazioni locali ai vari livelli (regionale, provinciale e municipale) ma anche un esercito di loro collaboratori. L'articolo, che si basa largamente sui dati contenuti nel libro "Il costo della democrazia" dei parlamentari Cesare Salvi e Massimo Villone, indica in quasi 150mila il numero dei dipendenti statali che lavorano nel settore legislativo pubblico, ma tale numero sale a circa 450mila se si comprendono anche i collaboratori e consulenti collegati a diverso titolo ai parlamentari. Tutti costoro rappresentano per lo stato una spesa di circa 1,85 miliardi di euro. Tale stato di cose si rispecchia nella percezione diffusa tra i cittadini comuni che quello del politico professionista, col seguito di guardie del corpo, auto blu e varie spese pagate, sia più che un lavoro una sorta di sinecura strapagata rispetto all' impegno che comporta.
Tra altre testimonianze, nell'articolo si cita quella di Gustavo Piga, economista e docente universitario, per il quale il messaggio che passa all'elettore comune è che fare il politico "equivale al lavoro meglio pagato rispetto a l'impegno meno gravoso possibile". Una percezione per certi versi errata, ma difficile da sradicare nel cittadino comune, che mediamente (i dati sono del 2003) ha guadagnato in un anno 22mila euro, circa una volta e mezzo la remunerazione mensile di una parlamentare.