Gli evasori stanno a Montecitorio. E non solo perché i parlamentari celano al fisco parte dei loro emolumenti. Ad essere nascosti all’erario, infatti, sono anche le migliaia di euro che i nostri deputati versano ogni mese ai loro assistenti. Un rapporto di lavoro, quello tra politico e collaboratore, che da sempre risponde alle leggi della giungla. Senza alcun obbligo di rendiconto delle spese a carico dei nostri politici, che peraltro dal prossimo 13 maggio saranno liberi, grazie al presidente della Camera, Fausto Bertinotti, di sbattere in mezzo alla strada i loro collaboratori.
Ogni giorno varcano le porte di Montecitorio 683 portaborse. La stragrande maggioranza sottopagati e pure in nero. Solo 54 di loro, infatti, possiede un regolare contratto di lavoro. E lo stipendio oscilla tra i 500 e i 1.200 euro mensili. Non solo: oltre 350 assistenti rischiano il posto a causa di Bertinotti. Il presidente della Camera, infatti, dal prossimo 13 maggio ha deciso di limitare l’accesso a Montecitorio ai soli collaboratori parlamentari forniti di un contratto. Per gli altri c’è il pericolo di andare, da un giorno all’altro, a casa. Perché il compagno Bertinotti, tra i lavoratori e i datori di lavoro, in questo caso i suoi colleghi deputati, ha scelto di favorire i secondi, che saranno liberi di scegliere se regolarizzare o meno il proprio assistente.
Il presidente della Camera, del resto, tra l’opzione di sanare tutti i precari e quella di lasciare mano libera agli onorevoli, ha optato per quest’ultima. Affidando la decisione se tramutare in un rapporto di lavoro a titolo oneroso la collaborazione fin qui prestata pressoché in nero dagli assistenti, unicamente ai singoli deputati. Che quindi saranno liberi di non regolarizzare gli attuali portaborse. Una prospettiva che i deputati hanno colto al volo per cercare di ottenere un aumento della somma che mensilmente percepiscono per le spese di segreteria, 4.190 euro, sotto forma di «rimborso forfettario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori».
È di pochi giorni fa, infatti, una proposta di legge presentata dal deputato dell’Italia dei valori Luciano D’Ulizia per regolarizzare i precari. Come? Costituendo società cooperative, composte almeno da tre parlamentari, incaricate poi di assumere i collaboratori con un contratto a progetto. Per chi costituisce le cooperative, il testo di D’Ulizia prevede un aumento del 50% della dotazione destinata alle spese per i portaborse. Un incremento, qualora il provvedimento fosse approvato, che si tradurrebbe inunaggravio per le casse pubbliche di circa 22 milioni di euro. Particolare che ha fatto immediatamente prendere le distanze dalla proposta allo stesso leader dell’Italia dei valori, il ministro delle Infrastrutture Antonio di Pietro.