L’Agenzia delle entrate: «E chi è onesto paga il 10 per cento in più dei dati ufficiali»
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ROMA. Imponibile Iva nascosto al Fisco per 270 miliardi di euro, Iva evasa per 43 miliardi e rotti. Ricchezza sottratta a tutti, il valore di una Finanziaria «lacrime e sangue», soldi equivalenti all’abbattimento del 3% del debito pubblico. E non basta. Grazie all’azione degli evasori gli onesti pagano molto di più di quanto le statistiche ufficiali raccontino. Sono i dati che emergono da un documento di lavoro elaborato dall’Ufficio studi dell’Agenzia delle entrate.
I ricercatori Massimiliano Marigliani e Stefano Pisani hanno incrociato i dati della contabilità nazionale dell’Istat e quelli del gettito dell’Imposta sul valore aggiunto. Ciò che ne deriva è un quadro molto più puntuale dell’imponibile scomparso e della conseguente evasione. I dati sono aggiornati al 2004, ultimo anno per il quale sono disponibili tutti i parametri che servono per calcolare l’evasione. Ma il lavoro più interessante, per certi versi più sconvolgente, è quello fatto sulla pressione fiscale. C’è la pressione apparente, che viene poi presa come dato ufficiale, e poi c’è quella effettiva. Complice l’evasione fiscale, la differenza tra pressione apparente e pressione effettiva è di circa 9 punti percentuali. In apparenza finisce in tasse il 41-42% della ricchezza prodotta, di fatto la percentuale è del 51%. Gli onesti pagano per i disonesti.
«Nel 2002 - si legge nel lavoro di Marigliani e Pisani - anno caratterizzato da una riduzione dell’evasione, la pressione fiscale apparente risulta sostanzialmente stazionaria, mentre quella effettiva decresce (cioè si riduce il carico fiscale di chi paga le tasse, perché si amplia la base di quelli che pagano). Il fenomeno inverso si registra nel 2003 quando, in presenza di una ripresa dell’evasione, il carico fiscale sugli adempienti aumenta maggiormente di quello della media nazionale. Analogamente nel 2004 la pressione fiscale apparente flette maggiormente di quella reale, ribadendo che una parte della riduzione dell’onere fiscale si è veicolata tramite un incremento dell’evasione». Con buona pace di chi, nel governo di allora, diceva il contrario.
Che in Italia si paghino troppe tasse lo hanno detto di recente anche il ministro dell’Economia, Padoa-Schioppa, e il governatore della Banca d’Italia, Draghi. «Il peso delle tasse è altissimo - ha detto il ministro - la riduzione delle aliquote è legata al recupero dell’evasione». Più netto Draghi nelle considerazioni finali: «A causa del peso dell’evasione la differenza tra l’Italia e il resto d’Europa è maggiore se si guarda al prelievo sui contribuenti fiscalmente onesti».
Il dato sul peso dell’evasione rispetto al Pil è più fosco di quello fornito dall’Istat. Per il 2003, l’Istat indicava il sommerso nel 16,7% del Pil, la nuova valutazione lo fa salire al 19,12%. Passando alle cifre assolute sull’evasione si scopre che per ogni 100 euro di Iva versati ce ne sono 55 sommersi (dati 2004). L’evasione fiscale è una malattia cronica dell’economia italiana con alti e bassi, ma sempre gravissimi riflessi sulla nostra economia. Nel 1982 per 100 euro versati ce n’erano 77,9 evasi. E se nel 2004 veniva sottratto dagli evasori il 33% dell’imponibile (270,1 miliardi di euro), nel 1997 la percentuale sottratta era oltre il 34% e nel 1990 si è raggiunto il record di evasione con il 37,13% di imponibile sottratto (Alessandro Cecioni).