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RASSEGNA STAMPA

n. 1221 del 21/07/2007

COSTI DELLA POLITICA, TAGLI AI GIORNALI DI PARTITO

Il ddl di riordino della materia dovrebbe essere pronto entro giugno - Oggi lo stato finanzia l'editoria per circa 600 milioni di euro. Ci sarà distinzione tra fogli politici veri e fasulli, tra chi vende e chi no

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ROMA- Non ci saranno sconti neanche per il futuro Partito Democratico. I soldi andranno all'uno o all'altro, non a tutti e due i quotidiani di Ds e Margherita. A meno che non facciano una bella fusione. «Il governo ce l'ha già detto: quando arriverà il nuovo partito non potrà continuare a dare contributi pubblici a tutti e due. A Europa che è espressione della Margherita, e a noi che siamo organo dei gruppi parlamentari dei Ds» racconta Giorgio Poidomani, amministratore delegato della società editrice dell'Unità. Che comunque, fatta salva quella prospettiva sicuramente problematica, è assolutamente ben disposto ad accogliere il riordino delle provvidenze pubbliche a favore dell'editoria annunciato ieri dal governo. «È ora che i finanziamenti vadano ai giornali veri, espressione di partiti veri, che vendono copie vere. O alle vere cooperative di giornalisti» dice Poidomani.

DDL ENTRO GIUGNO - Il riordino, al quale lavora da un anno il sottosegretario alla Presidenza, Ricardo Levi, entrerà nel pacchetto di misure per l'abbattimento dei costi della politica che il ministro dell'Attuazione del programma, Giulio Santagata, ha confermato per fine giugno. Farà compagnia ai nuovi criteri per la definizione delle province, delle comunità montane, delle circoscrizioni, a quelli per snellire i consigli regionali, comunali e provinciali, per ridurre i benefit e le indennità. E forse anche ministri e sottosegretari, perché Santagata ammette che con 26 dei primi e 104 dei secondi, anche il governo di cui fa parte «ha esagerato. Sui costi della politica bisogna dare un segnale urgente, perché il rischio del distacco dei cittadini è grande e sotto gli occhi di tutti».

RIFORMA ORGANICA - Anche di chi si chiede come mai Torino Cronaca prenda dallo Stato quasi 3 milioni di euro in quanto espressione di un movimento politico, come il Foglio e il Riformista, ma anche come il Roma di Napoli, il Denaro, Metropoli Day, e Libero. Di chi si domanda se sia giusto che anche il mensile con i programmi che Sky invia ai suoi abbonati, in quanto prodotto editoriale, riceva le agevolazioni previste sulle tariffe postali (25 milioni di euro l'anno). O semplicemente come mai i contributi pubblici siano esplosi in 20 anni: da 28 milioni di euro del 1980 agli oltre 600 di oggi. Via alla riforma, dunque. «Che sarà organica, e riguarderà tutti gli aspetti dell'industria editoriale: il prodotto, il mercato, le imprese, e ovviamente gli aiuti» spiega Levi.

Si stabilirà con precisione cosa è un prodotto editoriale, perché è dubbio che lo siano, come sono oggi considerati, e quindi agevolati, i cosiddetti «collaterali», dai dvd agli aerei da montare. I contributi alle cooperative resteranno, ma a quelle vere, composte dai giornalisti e dai dipendenti. Mettendo fine al caos generato dalla sanatoria del 2001, quando si decise che per continuare ad avere contributi i giornali espressione dei «movimenti politici» (bastavano due parlamentari) dovevano essere trasformati in cooperative anche spurie, cioè con soci azionisti e non lavoratori. Resteranno, ovviamente, i contributi ai quotidiani politici, tutelati in nome della libertà d'espressione dalla Costituzione. «Ma, anche qui, dobbiamo chiarire cosa si debba intendere per un organo legato ad un gruppo politico» spiega Levi. Soprattutto, poi, ci saranno parametri industriali per calcolare l'entità delle sovvenzioni. «Che saranno legate - aggiunge il sottosegretario - al numero effettivo di copie stampate e realmente diffuse, ma anche all'occupazione effettiva».

LA FINANZA AL LAVORO - Oggi il criterio per stabilire il "quantum" del contributo è facilissimo da aggirare. Basta stampare migliaia di copie e magari lasciarle in un deposito. Oppure regalarle. O venderle in blocchi ad aziende come le Fs, Alitalia, ospedali, catene alberghiere, che poi li distribuiscono gratuitamente ai loro clienti, a prezzi irrisori. «Criteri non sempre trasparenti» ammette Santagata. Tanto che due mesi fa il governo ha chiesto alla Guardia di Finanza, di distaccare un nucleo di ispettori al Dipartimento dell'Editoria, per evitare possibili truffe. Paolo Franchi, direttore de Il Riformista, organo del movimento Ragioni del Socialismo, concorda. «Dal mio punto di vista è giusto mettere ordine con regole chiare e trasparenti. Purché ci si renda conto che la tutela di una voce piccola, ma di peso, non è lo stesso problema dell'auto blu usata dal nipote dell'assessore» dice Franchi. «Da questa riforma noi abbiamo tutto da guadagnare» concorda Stefano Menichini, direttore di Europa. «Lo scenario - aggiunge - è ignobile: i soldi li prendono tutti, giornali veri e falsi, chi vende e chi non s'è mai visto in edicola, chi è espressione di veri partiti e chi lo è di sole due persone». «Però dobbiamo parlare anche della grande stampa. Il grosso delle agevolazioni - dice Poidomani - va lì. Mi chiedo se anche questo è giusto». (Mario Sensini)


Corriere della Sera, 6.06.2007


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