La replica dell'ex giornalista e scrittore, candannato al processo Enimont - Bisignani (nella foto): «Non conosco nessuna delle persone inquisite, non mi sono mai occupato di cose calabresi»
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ROMA — Quando, nell'81, anche il suo nome comparve negli elenchi della P2rinvenuti a Castiglion Fibocchi, il giovane cronista Luigi Bisignani alzò il telefono e dettò la notizia all'Ansa, l'agenzia di cui era redattore già da qualche anno dopo essere stato il capo dell'ufficio stampa del ministro Gaetano Stammati (Tesoro) nei governi presieduti da Giulio Andreotti tra il '76 e il '79: «Seguo da tempo per l'Ansa le notizie sulla massoneria e conosco, pertanto, molti alti elementi della massoneria, compreso Licio Gelli. I quali abitualmente mi fanno avere i loro comunicati in redazione. Smentisco però categoricamente la mia appartenenza a qualsiasi loggia massonica, compresa ovviamente la P2. Faccio notare che non avrei neppure l'età per l'iscrizione alla P2 che sarebbe di 30 anni come ho scoperto leggendo il libro "I massoni d'Italia" edito dall'Espresso».
Questo è Luigi Bisignani. Uno che, nei momenti scuri, non perde la calma, il gusto per la replica puntigliosa condita anche da ironia sottile. E anche oggi, in uno scenario mutato, non si scompone davanti all'inchiesta del pm De Magistris della Dda di Catanzaro. Stavolta parla al telefono da Londra, dove è appena sbarcato proveniente dagli Stati Uniti: «Non conosco nessuna delle persone inquisite nelle inchieste calabresi né mi sono mai occupato di cose calabresi. Non ho mai messo piede in una loggia massonica né sono mai stato a San Marino quindi mi chiedo chi, questa volta, si sia inventato cose su di me». Poi, confermando che ora fa l'Executive vice president for international business del gruppo Ilte Pagine Gialle, e che possiede partecipazioni in tre società (Decnet srl, Farci & Co Spa e Italian Brakes spa) chiede: «Ma io non sto mai in Italia, viaggio. Chissà chi mi ha coinvolto in questa storia della loggia massonica che mi perseguita da quando facevo il giornalista».
Classe 1953, figlio di un alto dirigente della Pirelli impegnato per lunghi anni in Argentina, laurea in economia, Bisignani negli anni '80 sembrava avviato a una tranquilla carriera come giornalista: «Piccolo, scattante, sguardo intelligentissimo, capisce immediatamente il pensiero dell'interlocutore e, con la rapidità di un furetto, si adegua», scriveva anni fa Alberto Statera su La Stampa. Il giovane cronista si occupa sì di massoneria ma all'Ansa gli fanno fare anche i turni scomodi: in archivio ancora rimangono alcuni servizi a sua firma («Roma Caput Mundi della pipa», «"Papa Luciani, una morte serena" dice Signoracci») e un «notiziario letterario» dell'agenzia che lo descrive così, parlando di un suo libro: «Giornalista attento e sensibile, soprattutto ai fenomeni contingenti». Bisignani scrive romanzi di successo («Il sigillo della porpora», presentato nell' 88 da Andreotti, Ferrara e Siciliano e «Nostra signora del Kgb» nel '91).
Scrive, scala le classifiche e scalpita. Infatti, già nell'agosto del '92, a 39 anni, è direttore delle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi e direttore generale della sede di Roma da cui dipendevano il Messaggero e Telemontecarlo. E qui, con il vento di Tangentopoli, il gioco diventa pericoloso. Il 19 gennaio del '93, la procura di Milano chiede il suo arresto per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti per l'inchiesta Enimont. La «madre di tutte le tangenti». Il 7 gennaio '94 il giornalista, che le cronache definiscono «faccendiere », si costituisce a Milano e viene interrogato da Colombo e da Di Pietro. Il processo dura un'eternità. Nel '98, la Cassazione confermerà la condanna a 2 anni e sei mesi per Bisignani che accompagna le pene definitive inflitte a Forlani, Citaristi, Altissimo, Bossi, Giallombardo, Grotti e Sterpa. Il 5 luglio del 2002 interviene anche l'Ordine dei giornalisti che conferma la radiazione di Bisignani: «Perché ha svolto con continuità attività lucrose costituenti reato e afferenti a compiti del tutto estranei alla professione giornalistica...». Ora lui, da Londra, a sentir rivangare, non si scompone: «Per la P2 l'Ordine mi ha "assolto". Implicazioni giudiziarie per quella vicenda non ce ne sono. E poi, la radiazione per Enimont è arrivata quando ormai non facevo più il giornalista...». (Dino Martirano)