Intervista al ministro Mastella - Il guardasigilli: problema di regole, non sto qui a difendere la casta
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ROMA - «I miei amici mi dicono "chi te lo fa fare?". E in effetti non hanno torto. Sembra quasi quasi che voglia fare l’avvocato dei politici, difendere "la casta", una cosa del tutto impopolare, in questo periodo disastrosa per l’immagine».
E invece?
«Invece ritengo che siano state violate delle regole. E come ministro della Giustizia ho il dovere di intervenire. Per evitare uno scontro fra poteri dello Stato che riporterebbe indietro nel tempo le lancette di questo Paese. Per far rispettare la Costituzione. E anche per evitare forse uno scontro interno alla magistratura, perché mi sembra che i pm milanesi abbiano fatto valutazioni diverse rispetto alla signora Forleo». Clemente Mastella contro Clementina Forleo: «Sembrerebbe una simpatica guerra punica fra persone che hanno casualmente lo stesso nome, ma non è così», dice il leader dell’Udeur e Guardasigilli, che appena appreso dell’ordinanza del gip di Milano, quella che accusa D’Alema e Latorre di essere «complici» di un disegno criminoso, ha chiesto ai propri uffici un accertamento sul comportamento del gip milanese. «Qui c’è in ballo solo il rispetto delle norme. E l’elenco delle possibili violazioni non è breve».
Cominciamo?
«La prima brutta anomalia è la diffusione dell’ordinanza prima dell’arrivo in Parlamento. Il Senato ha il portone aperto, anche oggi, l’ordinanza non so se sia ancora arrivata eppure ieri è stata pubblicata da tutte le agenzie di stampa».
Si meraviglia di una cosa che in Italia è prassi.
«Almeno il ministro avrà ancora il diritto di sorprendersi e richiedere accertamenti. O no? Le regole valgono per tutti. Io sono uno che non ha mai amato il conflitto fra poteri dello Stato, sono un uomo di mediazione. Ma quando è troppo è troppo».
Cosa è troppo?
«A giudizio del sottoscritto c’è un’evidente alterazione dei rapporti. Il gip, è mia opinione, ha superato i limiti imposti dall’ordinamento alla sua funzione, è andato al di là delle richieste dei pm. In sostanza, a mio giudizio, ha fatto una cosa extra ordinem».
La Forleo parla di D’Alema e Latorre come possibili imputati, a differenza dei pm. E’ a questo che si riferisce?
«Certo. La signora Forleo si è comportata da pubblico ministero, si sostituisce al ruolo dell’inquirente, trasforma delle persone estranee ad ogni procedimento in soggetti privi di garanzie, con un danno di immagine difficilmente recuperabile».
Un’ordinanza con il carattere di una sentenza?
«Per certi versi sì, con un effetto paradosso: prima della valutazione del Parlamento sull’utilizzabilità o meno delle intercettazioni si esprime un giudizio che è esorbitante rispetto alle richieste dei colleghi della stessa Forleo».
Per Antonio Di Pietro, tanto per rinnovare la scintilla fra voi due, è lei che è «entrato a gamba tesa».
«Il populista Di Pietro prende fischi per fiaschi. Che c’azzecca la mia gamba tesa, il gioco pesante non lo sto facendo io. Di gamba tesa, mi sembra, ho visto solo quella di una donna. Lo ripeto: io non ho alcun interesse politico a fare questa battaglia».
Secondo tanti la signora Forleo è nel pieno esercizio delle sue prerogative. Ravvisa un profilo penale personale e lo segnala al Parlamento.
«Escludo sul piano costituzionale che un gip abbia il potere di arrivare a richiedere l’uso di intercettazioni a fini di indagini mai richieste. Non spetta a lei formulare interpretazioni».
Ignazio La Russa, An, avvocato, dice il contrario.
«Credo che sia interesse di tutti essere amici di una giustizia autenticamente giusta, non essere amici di alcuni giudici. E’ accaduto troppo spesso nel passato che giudici difesi da alcuni partiti abbiano finito per candidarsi, guarda caso, proprio nelle liste di quei partiti».
C’è chi ha criticato la Forleo per l’uso di un certo linguaggio, per aver espresso giudizi sull’immagine del Paese.
«Quando si interpreta una funzione occorrerebbe maggiore prudenza. La tendenza di qualche magistrato è quella di usare un’etica hegeliana che consente una teologia morale in grado di giudicare tutto e tutti. Ma si tratta di magistrati non di storici, troppo spesso purtroppo lo dimenticano». (Marco Galluzzo)