I diessini puntano a modificare l’articolo 49 della Carta, quello che disciplina i partiti come soggetti politici. "Fornire risorse inadeguate alla politica significa indebolire la democrazia", dicono. L’obiettivo è "impegnarsi in una battaglia democratica per reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti. Basta demagogia". Parole di Ugo Sposetti, tesoriere della Quercia
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da Roma - Ma quale battuta! Quel decalogo dettato da Salvatore Vassallo a Il Corriere della sera di Bologna per lui significava una cosa sola: «Un colpo basso studiato. Un cazzotto nello stomaco dei nostri compagni che in tutta Italia si stanno spezzando la schiena per montare gli stand sotto il sole di agosto». Le polemiche sulla Festa dell’Unità? Ugo Sposetti non ha dubbi: non sono una semplice boutade polemica, ma un episodio rivelatore, che mostra come molti attuali compagni di strada nel progetto del Partito democratico siano in realtà permeati di una cultura antipartito. E così lui, l’uomo forte del salvadanaio diessino, il tesoriere che ha risanato le finanze della Quercia, nel giorno in cui inizia la kermesse nazionale del suo partito, lancia una proposta forte, sicuramente destinata a segnare il dibattito politico dell’estate: «È ora di finirla con le chiacchiere. Basta con la demagogia, facciamo sul serio. E giunto il momento di impegnarsi in una battaglia democratica per reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti».
Scusi Sposetti, ma ovviamente faccio un salto sulla sedia.
«E perché mai, scusi? Si metta pure comodo».
Sa, di questi tempi, chiedere più soldi per i partiti sembra come minimo impopolare.
«Impopolare dice? Vede, anche lei subisce l’influenza di poderose campagne di stampa che alimentano il mito dell’antipolitica».
Ma lei ne ha mai parlato in pubblico?
«Oh, certo. È un mio pallino, e non certo da oggi».
L’hanno contestata?
«Nemmeno per sogno. Se ti spieghi tutti capiscono che è una necessità».
Le diranno che lei si comporta come un sacerdote della casta.
«Io non appartengo a nessuna casta! Sono Ugo Sposetti, un militante dei Ds, punto».
Ma anche i Ds sono un partito come gli altri, inserito nel gioco del Palazzo.
«Si sbaglia. I Ds non appartengono a nessuna casta. La casta è il sottoprodotto obbligato di uno Stato che non funziona. Se per fare una radiografia devi aspettare tre mesi, è ovvio che i cittadini si rivolgano alla politica per cercare una mediazione con le istituzioni e i servizi che non funzionano!».
Lei ha fatto il sindaco, il presidente della Provincia...
«Se le cose non funzionano gli elettori vengono da te, chiedono, e non scherzano mica, le assicuro. Ma per voi è facile scaricare tutte le colpe sulla politica».
Lei ha letto il libro che due giornalisti del Corriere della Sera, Gianantonio Stella e Sergio Rizzo, hanno scritto per denunciare gli sprechi della Casta?
«Aaaaah...».
Aaaaah sì, o Aaaaah no?
«No».
Mi costringe a non crederle per la seconda volta. Un libro che parla anche di lei, e che vende 800mila copie...
«E invece è così! Le spiego: ogni volta che partecipavo ad una iniziativa pubblica arrivava un compagno con una copia tutta sottolineata, con le cose che mi riguardavano... E sa cosa ho fatto?».
Cosa?
«Ho letto quello che mi riguardava per poter rispondere su alcune frescacce che non corrispondono al vero, eh, eh, eh...».
Stella e Rizzo dedicano un intero capitolo a dimostrare come la legge sui rimborsi elettorali reintroduca di fatto un finanziamento occulto ai partiti.
«Aaaaah...».
Scusi se mi ripeto. Aaaaah sì, o Aaaaah no?
«Senta, di quella legge non solo non mi vergogno... Mi vanto di esserne il principale estensore!».
Ma è vero o non è vero che è un finanziamento occulto?
«Non mi interessa cosa ne scrivono i giornalisti. Fanno il loro mestiere. Il problema sono alcuni miei colleghi che la criticano, e che invece dovrebbero farmi un monumento».
Colleghi di destra o di sinistra?
«Tutti! Quanto ai politici di centrosinistra... Una cosa è indubbia: se non ci fosse stata quella legge, e i soldi che ha portato nelle casse dell’Ulivo, nel 2006 la vittoria contro Silvio Berlusconi sarebbe stata impossibile».
Ne è sicuro?
«Im-pos-si-bi-le. Chiaro? Posso provarlo agevolmente in tutte le sedi, ma qui non mi dilungo».
Torniamo al finanziamento, allora. Me lo spieghi in «sposettese» - cioè chiaramente - perché lo ritiene utile.
«Ma è scritto nella Costituzione, santa pazienza, articolo 49! In origine i padri costituenti lo avevano spiegato ancora meglio, impegnando alla trasparenza i partiti. Poi, siccome era il tempo della guerra fredda, si affermò solo il principio sacrosanto, che la politica deve essere sostenuta dallo Stato».
Fu fatta una legge, che però un referendum radicale ha cancellato.
«Un secolo fa. Adesso è tutto cambiato».
Ad esempio?
«I costi della politica sono cresciuti all’inverosimile. Non credo alle belle animelle che storcono il naso. O parlano per opportunismo, o sono in malafede».
Molti sono nel partito che lei sta costruendo.
«Non mi interessa dove sono. Io dico una cosa chiara e semplice. La democrazia è trasparenza, conti chiari, bilanci onesti».
I vostri lo sono?
«Ma se io dico, anche ai compagni della Festa dell’Unità del più piccolo paesino, che devono pubblicare il bilancio in cui spiegano cosa hanno speso e come fino all’ultima riga e fino all’ultimo tortellino!».
Questo è l’antidoto contro gli sprechi?
«Chi fa la politica onestamente non ha problemi a mostrare i conti».
Non ce li vedo Vassallo e Parisi a sostenerla...
«Posso dirle che non me ne frega nulla o sembro politicamente troppo scorretto?».
Non saranno contenti. Il suo modello sono le Fondazioni?
«Esatto il modello tedesco: Fondazioni e autofinanziamento. Nulla di migliore o di più trasparente. So già che a Vassallo non piace, ma ce ne faremo una ragione...».
Di nuovo con Vassallo è la sua bestia nera?
«Sì! Non ho fatto quarant’anni di militanza dal Pci ai Ds per diventare un Vassallo di nessuno!».
Battutaccia. Ma perché tanta passione per questa legge?
«Perché se non ci sono i soldi dello Stato ci sono quelli di Berlusconi o quelli dei poteri forti. È molto semplice».
Ma intanto la politica non è mai stata così forte...
«Scherza? Ormai decidono tutto i giornali. Non so se c’è stata una settimana, in questo ultimo anno, in cui sui grandi giornali, compreso il suo, non era in atto una campagna contro i Ds».
Anche la Repubblica?
«Ma se Scalfari e la Spinelli mi hanno crocifisso per una frase rubata alle intercettazioni dicendo che un tesoriere non parla con un banchiere!».
Vuol dire che anche loro sono con i poteri forti?
«Lo chieda ai diretti interessati!».
Insomma lei propone un nuovo patto al Paese.
«I cittadini dovrebbero dire alla politica: se tu vigili io ti finanzio. E noi dovremmo vigilare sul serio. Chi sgarra perde tutto e finisce in galera».
Sarei curioso di vedere se lei in una sezione riesce a convincere i suoi militanti.
«Sono stati sempre con noi, i militanti, guardi. Sempre!».
Ma è sicuro di non far parte della Casta, lei?
«Scherza».
Se Visco controllasse che macchina ha...
«Siccome ci ho lavorato, sa già che la macchina più potente che ho avuto, fino a oggi, è stata una Ritmo».
Perché, da oggi ce n’è una nuova?
«Ho ordinato una Bravo azzurra... ma azzurra forse non c’è, forse la prendo nera. Poi ho una 500 rossa».
Si è scatenato...
«Ma è quella vecchia, però!».
Tutte Fiat?
«Anche Marchionne dovrebbe farmi un monumento».
Lei è uno sponsor d’eccezione, doveva regalargliela...
«Ci giro tutta l’Italia».
E le vacanze dove le fa? Alle Bermuda?
«Non le faccio».
Nemmeno un giorno?
«Passo l’estate a girare le Feste dell’Unità. Altro che casta!».
Sarà tesoriere a vita?
«Pazzo sì, ma non fino a questo punto».
E quando finisce di fare il tesoriere a cosa punta?
«Una panchina».
Sogna l’ingaggio in un grande club di serie A?
«No, una panchina dei giardinetti. A leggermi cosa scrivete sui giornali. Glielo ho detto che sono matto...».