L'ennesima autobomba a Beirut che ha ucciso 10 persone - tra questi un deputato cristiano anti-Siriano - ha fatto ritornare alla mente dei Libanesi la guerra del 1975-1990. Quindici anni di guerra civile che ha provocato migliaia di morti e la quasi distruzione del paese.
Ora, la grave crisi politica che sta paralizzando il paese ed il complesso intreccio di vari interessi sia a livello libanese ma soprattutto a livello regionale, in primis la Siria che contribuisce a rendere la situazione sempre più difficile e che non da' nessuna possibilità di individuare una via d'uscita dalla crisi. Una cosa è chiara: a due anni mezzo dal ritiro Siriano, continuano le interferenze in Libano di Teheran e di Damasco. Quest'ultimo costretto a ritirarsi dopo quasi 30 anni di occupazione del Libano, anche grazie alla lotta incessante di una parte dei Libanesi che hanno cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale e che poi ha portato alla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Essa chiedeva a tutte le forze militari straniere di abbandonare il paese e il disarmo e lo scioglimento delle milizie libanesi. Questi'ultima richiesta non è stata ascoltata, per esempio le milizie di Hezbollah sono più potenti che mai ed hanno un legame molto forte sia con la Siria che con l'Iran. La nascita di un gruppuscolo di estremisti come Fateh al-Islam - che ha combattuto per più di tre mesi contro l'esercito libanese insidiando i campi profughi palestinese di Nahr al-Bared, nel Nord del Libano - è una prova palese che ne' l'esercito ne' l'apparato di sicurezza libanesi sono in grado di contrastare questi gruppi armati che continuano a destabilizzare il paese mediorientale.
Certo l'ascesa di Fateh al-Islam era molto indicativa di uno schema più ampio di crescente militanza islamica sunnita in Libano. Ma se ciò riflette tendenze regionali più vaste, le conseguenze sono tuttavia particolarmente gravi in Libano, dove una influenza straniera incline a creare divisioni ha la meglio sul consenso interno. Infatti, la prossima settimana il parlamento - più diviso che mai - dovrà votare il nuovo presidente della Repubblica al posto dell'uscente filo-siriano Emile Lahoud. Sarà difficile eleggere una personalità super partes, ma soprattutto che abbia nel cuore solo la questione del Libano, in quanto la coalizione 14 Marzo, nata dopo l'assassino di Rafiq Hariri - primo ministro nel 2005 - ora alleata con il movimento Druso di Walid Jumblatt, che apertamente accusano la Siria di interferire nei affari del Libano, saranno molto attenti ad eleggere qualcuno che abbia o abbia avuto un minimo legame con la Siria.
In questo momento a livello politico, sia la coalizione del 14 marzo al potere, sia l'opposizione guidata da Hezbollah e dal Movimento Patriottico Libero hanno da guadagnare da questa instabilita'.