La replica
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Ringraziamo Gabriele Albonetti per il tono cortese della sua replica.
Gli diamo atto di essere uno dei pochi che a ridurre le spese del Palazzo ci stanno almeno provando. Ci rallegriamo per il fatto che non rettifichi neppure una delle nostre cifre, peraltro contenute nel bilancio ufficiale di Montecitorio. Prendiamo per buone le sue rassicurazioni circa il fatto che i lodevoli impegni assunti dalla Camera possano produrre effetti concreti nel futuro prossimo. Ma ce lo lasci dire: in nemmeno un anno e mezzo, il tempo già trascorso dall'inizio di questa quindicesima legislatura, l'Assemblea costituente riuscì a stendere la carta fondamentale della Repubblica. Allora forze politiche che pure si combattevano aspramente e che erano divise da alti steccati ideologici avvertirono l'urgenza e la necessità di risollevare il Paese dopo una sanguinosa guerra civile. E in tempi straordinariamente brevi scrissero il patto costituzionale. Lo stesso senso di urgenza non sembra sia avvertito oggi, quasi che la classe politica nel suo complesso non si renda conto fino in fondo di quanto sta accadendo.
Eppure proprio su questo giornale un esponente di primo piano della maggioranza ora al governo, come il presidente dei Ds Massimo D'Alema, aveva ammesso allarmato il 20 maggio: «È in atto una crisi della credibilità della politica che tornerà a travolgere il Paese con sentimenti come quelli che negli anni 90 segnarono la fine della prima Repubblica». Da allora i segnali che la situazione si stia facendo sempre più seria e che il fossato fra il Paese reale e la politica (accusata di aver smarrito il senso dell'interesse generale e di non saper dare risposte adeguate) si vada approfondendo sempre di più, si sono moltiplicati. Nemmeno l'estate, cui forse qualcuno aveva affidato le speranze che la marea montante evaporasse sotto il solleone, ne ha attenuato l'impeto, mentre dal Palazzo non arrivavano che reazioni deboli. Contraddittorie. Impalpabili. Un taglietto qua, un aggiustamento là. Si andava dalle alzate di spalle all'annuncio di provvedimenti che poi non riuscivano nemmeno a superare i veti politici degli enti locali, rimanendo sepolti (e lo sono ancora) nei cassetti del governo. Al punto che i pur lodevoli impegni assunti dal Parlamento sui vitalizi e altre marginali voci di spesa (impegni previsti come sempre «dalla prossima legislatura») sono stati spacciati addirittura come svolte epocali. Ci si deve accontentare? No. Tanto più che la loro portata è ancora tutta da valutare. E il Parlamento che li dovrà digerire è lo stesso che il 17 maggio 2006, mentre il governo Prodi prestava giuramento, prendeva come prima decisione (prima!) della nuova legislatura quella di aumentare molto generosamente i contributi per i gruppi parlamentari. Ha detto Fausto Bertinotti, cercando di menar vanto dei ritocchi: «Abbiamo lavorato di lima». Questo è il punto: la gravità della situazione, come è nella convinzione anche dei lettori che hanno scritto ieri al «Corriere» un diluvio di lettere, imporrebbe di lavorare di accetta.
Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella