La Forleo e l'inchiesta disciplinare ai suoi danni
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MILANO — Non sembra turbata Clementina Forleo (foto) dall'avvio dell'azione disciplinare da parte del Pg della Cassazione che il giudice milanese commenta con una vena di sarcasmo: «È la cronaca di un evento annunciato. Proprio per questo sono assolutamente tranquilla». Per capire a cosa si riferisca, bisogna tornare al 6 novembre, quando Forleo rispose alle domande della prima commissione del Csm. Il Consiglio aveva aperto una pratica a sua tutela dopo che lo stesso Gip aveva dichiarato ai carabinieri di aver subito pressioni e intimidazioni da quando, come giudice, segue l'inchiesta sulle scalate bancarie.
Al Csm Clementina Forleo disse che l'8 settembre scorso era stata convocata a Roma dall'ex giudice Ferdinando Imposimato, al quale la lega una conoscenza personale, per un colloquio riservato. «Mi avvertì del pericolo, dicendomi di avere la notizia certa che, in ambienti politico-giudiziari, qualcuno aveva fatto pressioni sul procuratore generale della Cassazione, Delli Priscoli, per avviare l'azione disciplinare contro di me... Imposimato non mi riferì chi glielo aveva detto e tanto meno i nomi degli autori delle presunte pressioni. Però mi confermò che qualcuno, in senso metaforico, voleva la mia testa». «O il dottor Imposimato aveva ragione, oppure è un mago», rileva ora Forleo, a sottolineare come di questa faccenda dell'azione disciplinare si sospettasse, se non lo si sapeva, da tempo. È pronta anche ad aggiungere altra carne al fuoco. Già questo pomeriggio, quando si presenterà per la seconda volta in Procura a Brescia, dove si indaga sulla base dell'esposto ai carabinieri. «Farò ulteriori dichiarazioni all'autorità di Brescia in cui approfondirò alcuni argomenti», aggiunge Forleo la quale, se le si chiede cosa dirà, risponde solamente: «Imposimato mi ha riferito cose che non posso dire e che non ho mai detto».
Sta di fatto che si è saputo che ha anche inoltrato una nota al Csm. Clementina Forleo non medita di lasciare il suo ufficio, neppure per trasferirsi di piano, magari in tribunale o in Corte d'Assise. «Me ne andrò quando sarà il momento di farlo e secondo le regole dell'ultradecennalità », quelle della legge Carotti che impone ai giudici di cambiare ufficio dopo dieci anni di servizio.