Cari Amici,
tra i tanti libri d’impegno sociale e di denuncia che spesso sono oggetto delle nostre attenzioni, colgo ora l’occasione per segnalarvi un’opera quanto mai d’attualità specie in questo momento di forte crisi della classe politica travolta dalla enorme protesta che si è sollevata sui costi e sui privilegi di cui essa gode.
Un paese che affonda sotto i colpi di una classe dirigente sempre più prodiga di cattivi esempi, in un deserto di valori. Un ceto politico affannosamente complementare nella finzione tra Destra e Sinistra. Un potere barricato in un residence privo di cultura, che sostituisce la realtà con la sua rappresentazione televisiva. L'Italia mafiosa di oggi, ben oltre la mafia tradizionale negli interessi e nei comportamenti. Un viaggio della mente e del cuore per denunciare una società in pezzi, e cogliere i segnali di "nuove resistenze" nella stagione peggiore degli ultimi cinquant'anni.
Oliviero Beha, giornalista noto per le sue trasmissioni dalla parte del cittadino e da sempre inviso al potere per le sue inchieste scomode, propone un pamphlet accattivante, di denuncia dei mali atavici della società italiana degli ultimi cinquant’anni. Il libro, dal titolo eloquente Italiopoli che riprende i vari scandali politico-finanziari-mediatici degli ultimi decenni, da Tangentopoli a Calciopoli a Vallettopoli, esce in prima edizione nella nuova collana Reverse della neonata casa editrice Chiarelettere. La prefazione di Beppe Grillo fa subito presagire cosa stiamo leggendo: pagine che parlano di un’Italia sfiancata dai furbi della finanza, truffata nei propri risparmi dai "tango bond", dai Parmalat bond, rappresentata da un Parlamento zeppo di pregiudicati e dominata dalle mafie in varie regioni.
Beha descrive una palude di malaffare e di cattivi esempi che ci vengono dal potere politico: conflitti di interessi mai risolti, una legge sull’indulto mal digerita che ha portato l’anno scorso alla scarcerazione di migliaia di detenuti, una classe politica che da destra a sinistra ripropone sempre gli stessi vecchi volti dei primi anni ’90, incapace di rigenerarsi. Beha si domanda, come Lenin nel suo famoso libro, “Che fare?”, ma non trova risposte facili. La sua denuncia, vibrante e indignata, vuol proprio colpire quello che ormai in Italia è il “Residence del potere”, non più i Palazzi metaforici descritti da Pasolini, ma una sorta di teatrino della politica e della tv, stile Bagaglino, nel quale si muovono a loro agio i nuovi cortigiani, gli “uomini di” questo o quel politico che occupano tutto: aziende pubbliche, televisioni, vertici delle grandi holding private.
Cronache dal basso impero, da un’Italia in preda alle mafie criminali e alle clientele dei politici locali, dove nel Residence del potere ora spopolano, in barba a ogni minima selezione meritocratica i “figli di” politici, imprenditori, vip dello spettacolo. E’ proprio il mondo degenerato della televisione e dello spettacolo l’oggetto delle critiche più feroci di Beha. La TV come specchio drammatico di Italiopoli: l’odore emanato dai talk show è simile, le notizie sono infrequenti, il sentore di recita gattopardesco pervade i salotti TV, i conduttori e i loro garanti manager-editoriali nominati dai partiti che fanno ciò che loro chiedono i padrini del momento. La TV è l’avvilente immagine di quel Residence, del potere italiano che difende se stesso, scrive Beha. Mentre fuori, l’Italia sprofonda.
Ma come resistere nella palude di Italiopoli? Beha lo spiega nei due capitoli conclusivi: bisogna ripartire dalle associazioni e dai comitati della società civile, che rappresentano sul territorio un’altra Italia, onesta e attiva. E bisogna tagliare i costi e i finanziamenti dei partiti, riducendo il numero delle circa seicentomila persone che vivono di politica, riformandola alle radici come auspicato anche dal presidente Giorgio Napolitano.