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RASSEGNA STAMPA

n. 1450 del 16/03/2008

«VOTO IL 13? E' PER DARE PENSIONI A TUTTI»

L'esponente leghista: «Si schierano con la Casta. Nessun problema se si votasse il 6» - Calderoli: così maturano il diritto al vitalizio anche quelli alla prima legislatura. Smentita dei questori

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MILANO - L'«election day» per evitare inutili esborsi? Tutt'altro. Accorpare le elezioni politiche con le amministrative e scegliere per questo di indire i «comizi elettorali» il 13 di aprile non risponde a una logica di contenimento dei costi, per evitare una doppia chiamata alle urne nel giro di poche settimane. Bensì all'esigenza di garantire anche ai parlamentari alla loro prima legislatura il diritto di accedere al vitalizio previsto per deputati e senatori. Ne è convinto il vicepresidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli (foto), secondo cui «quando il governo deve schierarsi dalla parte del cittadino o della "Casta" a parole dice di essere con il cittadino ma nei fatti sta sempre con la "Casta"».

«SCELTA NON CASUALE» - «La scelta della data del 13 aprile per il voto in alternativa a quella del 6 di aprile può apparire casuale ma non lo è affatto - sottolinea il coordinatore delle segreterie del Carroccio -. Votando il 6 aprile, infatti, i parlamentari alla prima legislatura non rieletti non avrebbero maturato la pensione, votando invece come stabilito dal Consiglio dei ministri il 13 aprile, ovvero una settimana dopo, acquisiranno la pensione». E questo per effetto di un gioco di interpretazioni delle norme e della prassi. Sulla carta il diritto a maturare la pensione scatta quando viene superata almeno la metà della durata di una legislatura: in questo caso i parlamentari che decadono possono, se lo vogliono, versare di tasca propria i contributi relativi alla parte di legislatura non effettuata e avere così diritto ad incassare il vitalizio a partire dal compimento dei 65 anni. Ma in realtà questa norma potrebbe essere aggirata.

GIOCO DI INTERPRETAZIONI - Il requisito dei «due-anni-sei-mesi-e-un giorno» - fa notare Calderoli - «ha un'interpretazione rigida soltanto per quanto riguarda il Senato, dove pure si adotta una norma interpretativa per cui quando è stata superata la metà dell'anno questo viene considerato come un anno intero. Per i senatori la dead-line sarebbe stata dunque il 15 giugno. Alla Camera, mi dicono, a causa dell'interpretazione che viene data la pensione matura invece dopo due anni e un giorno». Di qui la disputa sulle date. L'attuale legislatura è iniziata il 28 aprile del 2006 e quindi i due anni e un giorno maturerebbero il 29 aprile. Ma votando il 6 di aprile questo rischio sarebbe scongiurato perché per legge la prima seduta del nuovo Parlamento deve essere convocata entro venti giorni dal voto, e quindi entro il 26 aprile. Facendo slittare di una settimana le elezioni, e ipotizzando l'indizione della prima seduta dal 29 aprile in avanti, il diritto sarebbe invece raggiunto. Il Consiglio dei ministri, sarà un caso, ha stabilito che la prima riunione del prossimo Parlamento avrà luogo appunto il 29 aprile.

LA LEGGE E L'INGANNO - Si tratta di un'interpretazione, è vero, ma secondo Calderoli è proprio questo l'orientamento che starebbero pensando di seguire all'ufficio di presidenza di Montecitorio. La pensione dei deputati sarebbe dunque salva. E i senatori? «A quel punto - fa notare Calderoli - si porrebbe il problema di uniformare i due rami del Parlamento, per non creare differenze, ed è quindi plausibile che la stessa interpretazione venga estesa al Senato». Di qui il sospetto che la scelta della data del voto sia tutt'altro che casuale e, in ogni caso, non legata a volontà di risparmio. «Parlano di voler fare l'election day per ridurre i costi della politica - commenta Calderoli -. Ben altri però saranno i costi di queste pensioni, non solo in meri termini quantitativi, ma anche per il messaggio dato al Paese, perchè questo è il tipico esempio di come fatta la legge viene subito trovato l'inganno».

LA SMENTITA DEI QUESTORI - Una possibilità che è stata però smentita dai questori di Camera e Senato, in una nota che replicava a quanto sostenuto da Calderoli. Con il voto anticipato fissato per il 13 aprile prossimo i parlamentari che erano stati eletti alla prima legislatura non hanno diritto al vitalizio, che invece sarebbe stato conseguito il 27 ottobre 2008: «La notizia in questione non corrisponde a verità», hanno affermato i questori. «In proposito – hanno aggunto - si ricorda che il requisito minimo di 2 anni e 6 mesi di effettivo mandato, richiesto dalla normativa vigente, sarebbe stato conseguito dai parlamentari alla prima legislatura il 27 ottobre 2008. Pertanto tali parlamentari, se non saranno rieletti, non potranno maturare il diritto all’assegno vitalizio. Si rammenta infine che, a partire dalla prossima legislatura – hanno concluso i questori - il diritto all’assegno vitalizio si conseguirà dopo 5 anni di effettivo mandato, in conseguenza della riforma approvata dagli Uffici di Presidenza delle due Camere il 23 luglio 2007».

CALDEROLI, LA CONTROREPLICA - «In riferimento alla smentita dei questori di Camera e Senato rispetto a quanto da me prima evidenziato - ha poi replicato Calderoli - preciso che le mie osservazioni erano relative alla sola Camera dei deputati e, fatto salvo quanto scritto nella normativa vigente che conosciamo bene, a questo punto sarebbe altrettanto auspicabile una smentita da parte dei questori della Camera anche sulla notizia fortemente circolata e trapelata dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, notizia secondo cui, per superare la sperequazione tra il parlamentare alla prima legislatura non più eletto rispetto all'equivalente però rieletto, si fosse raggiunto un accordo trasversale tra le forze politiche per portare al prossimo Ufficio di Presidenza, magari da tenersi dopo le elezioni politiche, una norma interpretativa che equiparasse i due anni sei mesi e un giorno previsti dalla normativa vigente ai due anni e un giorno che casualmente coincidono al minuto con la data della prima convocazione della Camera», sottolinea il coordinatore delle segreterie della Lega Roberto Calderoli.

AUMENTO CONGELATO. O NO? - «Sarebbe interessante altresì -aggiunge l'esponente del Carroccio- che gli stessi Questori smentissero che, sempre in base a quella norma interpretativa che avrebbe dovuto assumere l'Ufficio di Presidenza, in caso di scioglimento anticipato, il giorno in più rispetto ai primi due anni sarebbe stato fatto valere come 181 giorni di mandato svolti, per poter dare in questo modo un assegno di fine mandato equivalente a tre anni e non a due anni». Ma Calderoni non si ferma qui. E si torna a parlare degli aumenti degli emolumenti dei deputati: «Se proprio vogliamo dircela tutta, dopo che qualcuno si è fatto grande con il fatto che alla Camera i 300 euro di aumento mensili, diversamente dal Senato, sarebbero stati bloccati, faccio notare che gli stessi sono stati congelati e, pertanto, quei 300 euro di aumento entreranno tranquillamente nella tasche di tutti i deputati con gli arretrati alla conclusione del loro mandato. Se vogliono smentire anche quest'ultima osservazione - conclude Calderoli - sono pronto a fare mea culpa ma resto convinto che senza questo mio sasso tirato le cose sarebbero andate ben diversamente». (Alessandro Sala)


Corriere della Sera, 6.2.2008


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