Oggi 44 milioni di Iraniani andranno alle urne per eleggere il nuovo parlamento in un clima di rabbia e di tensione.
Di rabbia perchè sono stati cancellati dalla Commissione Elettorale dominata dai conservatori del regime oltre 3.000 candidati riformisti. E quelli ammessi, 4.500 in tutto il Paese, sottoposti a un vero e proprio linciaggio dalla propaganda del regime, quando non minacciati fisicamente dalle sempre attivissime "Guardie della rivoluzione".
I pasdaran sono fedeli al leader supremo (detto anche leader spirituale), il Grande Ayatollah Ali Khamenei (foto), che due giorni fa ha esortato di non votare "per i candidati che il nemico vuole vedere eletti" e scegliere invece quelli che "aiutano il governo e il popolo". Un palese segnale di sostegno all'esecutivo del presidente ultraconservatore Ahmadinejad, già lodato nelle scorse settimane da dallo stesso Khamenei per la sua "resistenza" nel braccio di ferro con l'Occidente sulla questione nucleare.
Per tutto il tempo della campagna elettorale sono stati vietati per una disposizione governativa, e nemmeno in televisione sono consentiti dibattiti tra i candidati. Ecco cosa si deve aspettare da un presidente come Ahamdinejad che Ahmadinejad, il quale non si fa problemi a dichiarare pubblicamente che la democrazia non è mai stata fra gli obiettivi sia del suo governo che della rivoluzione iraniana.