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n. 158 del 17/06/2003

Prof. Paganin - tua lettera a Repubblica

Gentile collega,

sono anche io un insegnante (di materie giuridiche ed economiche) impegnato negli esami di Stato. Capisco il tuo stupore nel sentire il collega di economia aziendale, ma credo che dovrai abituartici. Ovviamente parlo per me e non per altri, ma già era difficile prima, con le commissioni esterne intendo, terminare programmi articolati e complessi, con verifiche scritte, con esercitazioni e ore di laboratorio (insegno in un istituto professionale per il commercio), stage, III area, ecc. nelle poche ore settimanali che mi rimanevano. Oggi, ovviamente, non c'è più quello stress, perché il nuovo esame di stato mi ha nominato interamente dominus di valutazioni, domande, correzioni. Se non finisco il programma, sto comunque con la coscienza a posto. I miei alunni saranno meno preparati, certo, ma è esattamente questo che vuole un sistema che toglie risorse alla scuola, che accorda aumenti contrattuali a due anni dalla scadenza concordata del contratto (ed ancora non ricevuti), che riforma gli esami di stato solamente per ragioni di risparmio (le commissioni esterne costavano circa il doppio allo Stato). E' inutile lamentarsi. Sai benissimo che esiste una sperimentata e verificabile legge economica, secondo la quale qualsiasi settore produttivo, anche del tutto atipico come la scuola, è destinato al declino se non usufruisce di investimenti produttivi e di innovazione. Un punto fondamentale è, per la scuola più che per tutti gli altri settori, l'investimento su quello che chiamiamo "il capitale umano", cioè la manodopera, cioè i professionisti dell'istruzione, cioè noi! Con salari declinanti in termini reali e già assolutamente bassi di per sé, mancanza di investimenti produttivi, tagli alle risorse perché l'asse Tremonti-Bossi ha in mente la Superpadania quale nazione a se stante in Europa, spiegami perché mai dovremmo stupirci del fatto che l'istruzione pubblica sta letteralmente crollando. Forse non sarai d'accordo, ma mi viene l'orticaria a vedere moltissimi colleghi (soprattutto colleghe) che ti fanno il discorso dell'insegnamento quale "missione" ("Devi sacrificarti, sai, i tuoi alunni devono essere educati, anche se ci pagano poco, il nostro dovere è...). Non ho mai capito perché gli unici missionari salariati nel nostro paese dovrebbero essere gli insegnanti e come mai a nessuno verrebbe in mente di fare questo discorso ad un avvocato, ad un notaio o ad un ingegnere!

Mi dispiace, caro collega, ma anche quest'anno i nostri programmi non terminati riflettono esattamente le conseguenze di una politica economica, quindi di una scelta discrezionale di uomini scellerati che conoscono benissimo gli effetti nefasti che le loro azioni produrranno.

Molto cordialmente,


Fulvio Lo Cicero Albano laziale (Roma)


Paolo Tagliaro © 2003/04 - Tutti i diritti sono riservati