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n. 1598 del 29/10/2008

COMPARTECIPAZIONE, PEREQUAZIONE E FEDERALISMO FISCALE

Non si possono punire quei sindaci che hanno tenuto in passato un bilancio in pareggio, quando altri sforavano. Con le successive sanatorie - vedi oggi i casi di Roma, 500 milioni di euro, e Catania, 140 milioni di euro - e con i sussidi basati sulla spesa storica, chi più aveva speso, più ha continuato e continua a ricevere e chi meno ha speso, continua a patire. La situazione è aggravata dai ritardi nella compensazione per l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, un’imposta che pesa di più in quei Comuni che, penalizzati dagli scarsi sussidi centrali, avevano alzato il tributo locale.

E' partito dal Veneto con destinazione Roma, il movimento composto da quasi 500 sindaci, appartenenti ad ogni schieramento politico che, a gran voce, quale sostitutivo dell'ICI, chiedeva al governo italiano la compartecipazione al 20% dell'Irpef. L’idea è condivisibile se intesa come manovra immediata e transitoria: dà solo il necessario e ha il merito di rovesciare i ruoli, stimolando il governo a legiferare quanto prima. Non va bene se è intesa come riforma a regime.

Nel federalismo fiscale il finanziamento dovrà alla fine derivare, per varie ragioni, da un mix di fonti, tra cui potrebbe star bene anche la compartecipazione comunale all’Irpef: ma non al 20%. A quel livello, creerebbe troppe differenze tra comuni ricchi e comuni poveri, obbligando a complicate e controverse manovre compensative di perequazione, perequazione che deve però attenuare, ma non annullare, le differenze.

La compartecipazione sensibilizza i Comuni alla lotta all'evasione fiscale e contribuisce a distribuire le risorse pubbliche secondo le necessità. Infatti un maggiore sviluppo produttivo genera un maggior gettito fiscale che sarebbe restituito in quantità superiore ad altre realtà territoriali perché là dove è più forte la macchina produttiva, più spesa pubblica è richiesta. Viceversa essa però non responsabilizza il sindaco che si limita ad incassare una parte del gettito fiscale deciso dallo Stato senza perciò esercitare alcun freno sulla propria spesa pubblica.

Il federalismo fiscale invece imporrà che una buona parte della finanza locale poggi su tributi locali rendendo così il cittadino consapevole del costo e del beneficio dei servizi locali inducendo perciò un'autoregolamentazione nelle richieste. Ecco perché la giusta miscela tra compartecipazione, perequazione e federalismo fiscale sarà la via migliore ad una sana amministrazione locale.


Ufficio Stampa CITTADINI ATTIVI


Paolo Tagliaro © 2003/04 - Tutti i diritti sono riservati