Sono 106 le persone destinatarie di avviso di conclusione. C’è anche Loiero. Verso l’archiviazione per Prodi
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CATANZARO. Sono 106 le persone destinatarie dell’avviso di conclusione dell’indagine “Why Not” della procura generale di Catanzaro sul presunto comitato d’affari, composto da politici, imprenditori e faccendieri, che avrebbe gestito illegalmente fondi pubblici.
Fra i destinatari dell’avviso, i cui atti sono stati depositati martedì mattina, parlamentari, amministratori regionali in carica e della passata legislatura. Nell’elenco figurano, tra gli altri, il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero; l’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti oggi vice presidente dell’autorità garante della privacy; gli assessori regionali Luigi Incarnato e Mario Pirillo, il capogruppo regionale del Pd Nicola Adamo; l’ex assessore, oggi consigliere regionale, Pasquale Maria Tripodi; l’ex assessore regionale all’ambiente Diego Tommasi, componente dell’esecutivo Nazionale dei Verdi; l’ex assessore ed ex parlamentare Giuseppe Ennio Morrone; l’europarlamentare Domenico Basile, ex assessore della Giunta Chiaravalloti; il consigliere regionale e capogruppo di An Alberto Sarra; l’ex sindaco di Catanzaro, oggi consigliere regionale Sergio Abramo; il deputato Giovanni Dima, coordinatore regionale di An; il sindaco di Cosenza Salvatore Perugini; l’ex assessore regionale alla Sanità Gianfranco Luzzo; l’ex assessore regionale Dionisio Gallo; il consigliere regionale Franco Morelli (An).
E non c’è l’ex presidente del consiglio Romano Prodi fra le 106 persone destinatarie degli avvisi. Prodi era stato iscritto nel registro degli indagati, mentre era ancora in carica, dall’allora titolare delle indagini, Luigi De Magistris, per abuso d’ufficio in concorso reato che, secondo l’ex pm, era stato commesso quando il leder dell’Ulivo era presidente della commissione europea. Nel provvedimento della procura generale non figurano altri personaggi a suo tempo indagati nello stesso filone d’inchiesta relativo all’ex premier.
C’è, invece, Caterina Merante (foto), amministratore delegato della società “Why Not” dal 2004 al 2006, fra i 106 destinatari degli avvisi. Il nome di Caterina Merante figura al capo 35 del provvedimento di conclusione indagini. I magistrati le contestano la violazione della normativa in materia di occupazione e mercato del lavoro.
I politici regionali calabresi per i quali è stato emesso l’atto di conclusione delle indagini Why not avevano “costituito, mantenuto ed alimentato”, insieme ad Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, uno “stabile sistema” in forza del quale, “al fine di conseguire, in cambio, un clientelare consenso elettorale, assicuravano delittuosamente a strutture societarie di fatto governate da Saladino fondi pubblici per l’esecuzione di lavori prospettati come di pubblica utilità “. È quanto scrivono i magistrati della Procura generale di Catanzaro nell’avviso di conclusione indagini in relazione all’ipotesi di reato di associazione per delinquere. Da parte sua, secondo l’accusa, Saladino, “su segnalazione dei politici, assumeva o faceva assumere, sotto varie forme contrattuali, tutte comunque caratterizzate da precarietà, un rilevante numero di persone”. Il tal modo, per un verso, costituiva “una pletora permanente di aspiranti lavoratori sempre in attesa di una stabilità mai dai politici realmente voluta ed attuata e, per altro verso, un vasto e reiterato flusso, anch’esso clientelare, di finti lavoratori per opere e servizi mai realizzati o solo in parte o solo apparentemente realizzati”.
Saladino, secondo gli inquirenti, era il “centro di gravità del sistema trasversalmente condiviso e quindi permanente copertura politica in seno agli enti”. L’associazione, secondo l’accusa, era finalizzata al compimento dei reati di peculato, abuso d’ufficio, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, truffa, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti e istigazione alla corruzione che vengono poi ipotizzati nei confronti dei singoli indagati, episodio per episodio nell’avviso di conclusione indagini.