Treni e affari Moretti spinge per il completamento delle opere. Ma la Corte dei conti ricostruisce i meccanismi di uno spreco gigantesco - Il conto della Torino-Milano-Napoli ammonta a 51 miliardi di euro. Sette volte più del previsto
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Mauro Moretti sa che difficilmente avrà un busto marmoreo alla stazione centrale di Milano. Tuttavia l' attuale amministratore delegato delle Ferrovie non si stanca (in privato) di rivendicare un merito: quello di aver messo il turbo ai lavori per l' alta velocità. Peccato soltanto che a correre davvero, da quando questa storia è cominciata, ben diciassette anni fa, siano stati soprattutto i costi. C' è un numero, in una relazione appena pubblicata dalla Corte dei conti a proposito delle opere del famoso corridoio cinque, quello che dovrebbe collegare Lisbona a Kiev attraversando la pianura padana, che dice tutto: 51.719.000.000 euro. Questo è il totale delle risorse finanziarie pubbliche impegnate per realizzare la linea ferroviaria ad «alta capacità» Torino-Milano-Napoli. Perché così si chiama, ormai da più di dieci anni, la ex «alta velocità» all' italiana, conseguenza della scelta di far viaggiare i treni più lentamente del previsto (la velocità media di esercizio venne ridotta da 300 a 250 chilometri l' ora), pur di ottenere un piccolo risparmio e di poter utilizzare i binari anche per le merci.
Conti difficili
Il risparmio, ovviamente, non c' è stato. E per le merci si vedrà. Cinquantuno miliardi e settecentodiciannove milioni di euro sono centomila miliardi delle vecchie lire, quasi sette volte di più di quanto era stato previsto nel 1991, quando Lorenzo Necci diede fuoco alle polveri firmando i contratti con i cosiddetti general contractor: Fiat, Eni, Iri e Montedison. Da allora il conto è salito come un crescendo rossiniano, mentre i lavori procedevano come lumache. Secondo la magistratura contabile 32 miliardi di euro serviranno per le opere civili, altri 16 miliardi e 582 milioni per le tecnologie e poi c' è la ciliegina sulla torta (ma che forse sarebbe meglio chiamare ciliegiona) degli interessi pagati alle banche prima che la Tav venisse ripubblicizzata: 3 miliardi 137 milioni.
Come si è arrivati a questo incredibile conto? Per «le modalità di affidamento, le specifiche progettuali, le prescrizioni ambientali, l' antropizzazione del territorio e l' acquisizione di aree», spiega l' Autorità per la vigilanza dei contratti e dei lavori pubblici. Fatto sta che, sempre secondo un calcolo dell' authority, il sistema dei supertreni all' italiana è costato finora 32 milioni di euro al chilometro, contro 9 milioni in Spagna e 10 milioni in Francia. Ma il conto finale, probabilmente, è destinato a cambiare ancora, se è vero che in alcuni punti della tratta pianeggiante fra Torino e Milano si sarebbe arrivati a costi di 73 milioni al chilometro. L' Autorità presieduta da Luigi Giampaolino punta il dito sulle convenzioni del 1991, che prevedevano un «prezzo forfettario», principio che ha finito per essere travolto da varianti, clausole e riserve di ogni genere. Quello è il peccato originale. Scrive l' Authority: «Nell' esecuzione delle opere si è costituita una sorta di struttura piramidale articolata e allungata Tav-general contractor-imprese affidatarie-imprese terze-subappaltatori- eventuali sub-subappaltatori, con la conseguenza che su gran parte delle tratte più soggetti hanno potuto trarre un utile e, in particolare, il general contractor ha potuto lucrare un extraprofitto sfruttando la sua posizione strategica da intermediario».
Cantieri infiniti
Sulla Roma-Napoli, afferma il rapporto sull' alta velocità della stessa Autorità, «sono stati corrisposti per l' esecuzione delle opere civili circa 10 miliardi di lire al chilometro (poco più di 5 milioni di euro, ndr), contro un corrispettivo complessivo del general contractor mediamente di 22 milioni di euro al chilometro». Sarà questa la ragione per cui la prima tratta su cui sono stati aperti i cantieri nel lontano 1994 e che non è ancora pienamente in funzione (dev' essere completato l' ultimo breve tratto campano) ha registrato una lievitazione dei costi dell' ordine del 113%, passando da 2.095 a 4.463 milioni di euro? Lievitazione che nel caso della Bologna-Firenze, circa 70 chilometri quasi interamente in galleria, ha sfiorato il 300%: da 1.053 a 4.189 milioni di euro. E non sono escluse ulteriori sorprese, visto che sono ancora in ballo richieste di riserve per altri 700 milioni. Per l' Authority, le convenzioni del 1991 furono stipulate «senza riferimento a un' adeguata progettazione, neppure di massima, ma sulla base di un importo presunto d' opera». Per giunta, «anche nei casi in cui la progettazione esecutiva ha successivamente ridefinito un importo considerevolmente maggiore di quello presunto, Tav non si è mai avvalsa della facoltà di recesso».
Resta da capire se le cose sarebbero andate diversamente con i normali appalti, come sembra essere convinta la Corte dei conti. Che porta ad esempio il costo della tratta fra Padova e Mestre, affidata con la tradizionale gara pubblica: 19 milioni a chilometro. Con l' apertura della Bologna-Milano, e poi della Firenze-Bologna, e poi con il completamento della Roma-Napoli, e poi con la sistemazione dei nodi di Roma, Firenze e Bologna, anche l' Italia avrà finalmente il suo vero supertreno. Carissimo, ma lo avrà. Una quarantina d' anni dopo la Francia, una trentina dopo la Germania e la Spagna. Per il colmo della beffa. Già, perché sapete qual è stata la prima linea ferroviaria ad alta velocità costruita in Europa? Semplice: i 138 chilometri fra Roma e Città della Pieve, sulla direttissima che dalla capitale porta a Firenze. Cominciata nel 1970, fu inaugurata il 24 febbraio del 1977. Prima del grande sonno. (Rizzo Sergio)