L'ex magistrato ai pm: avanti senza riguardi per i parenti - Gli inquirenti: atto dovuto. Il leader Idv sentito anche sul trasferimento di Mautone
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NAPOLI - Anche Cristiano Di Pietro è tra gli indagati nell'inchiesta sull'imprenditore Alfredo Romeo e su ex esponenti dell'amministrazione comunale di Napoli. La conferma sulla posizione del figlio del leader dell'Italia dei Valori arriva proprio nel giorno in cui suo padre si presenta in Procura e depone per circa tre ore davanti ai magistrati titolari dell'indagine, i pm Falcone, D'Onofrio e Filippelli. L'iscrizione nel registro degli indagati di Di Pietro jr (per il reato di corruzione) è però da considerarsi, secondo gli inquirenti, un atto dovuto, necessario per poter eseguire ulteriori attività investigative. E non coglierà di sorpresa lo stesso Antonio Di Pietro, che ieri, durante la lunga deposizione, ha invitato più volte i pm napoletani a indagare «senza alcun riguardo anche su parenti, figli compresi, e su esponenti del mio partito». All'uscita dalla Procura, Di Pietro ha spiegato ai giornalisti — «nell'assoluto rispetto del segreto istruttorio» — il senso del suo incontro con i magistrati. Ha ripetuto più volte di augurarsi una indagine nei confronti del figlio, perché — dice — «sono un ex magistrato e so bene come funzionano le cose».
E cioè che «se c'è una notizia di reato bisogna indagare». Di Pietro assicura di non sapere se c'è già un'indagine a carico di suo figlio ma, aggiunge, «io mi auguro che in ogni caso i magistrati napoletani indaghino, perché si tratterebbe di una indagine a tutela». Cristiano Di Pietro compare in alcune telefonate intercettate durante le indagini, in cui chiede favori e raccomandazioni a altre persone finite nel mirino degli investigatori. Quando queste intercettazioni sono venute fuori, Di Pietro jr è uscito dall'Italia dei Valori, dandone l'annuncio con una lettera che il padre ha anche pubblicato sul suo blog, dopo aver in più occasioni criticato il comportamento del figlio che emerge dalle conversazioni intercettate. Ora che ha deposto davanti ai magistrati napoletani e che li ha invitati ripetutamente ad avviare una indagine che nei fatti già c'è, Antonio Di Pietro non rinuncia a prendere le difese di Cristiano. Dice: «L'inchiesta napoletana, sia chiaro, non riguarda mio figlio ma vicende grossissime. Ora per favore non facciamo che uno stuzzicadenti diventi una trave e che la trave diventi una pagliuzza».
Sembra però una preoccupazione più mediatica che giudiziaria, perché della sua lunga deposizione Di Pietro si ritiene più che soddisfatto. Dice di aver potuto dimostrare, «documenti alla mano», che quando era ministro delle Infrastrutture decise il trasferimento dell'ex provveditore alle opere pubbliche Mario Mautone non sulla base di una fuga di notizie, ma nell'ambito di «un grappolo di trasferimenti che riguardarono anche altre persone». Mautone è ritenuto dall'accusa uno dei personaggi centrali del «sistema Romeo», e la decisione di Di Pietro di trasferirlo quando di quest'inchiesta ancora non si sapeva nulla, ha spinto qualcuno ad avanzare l'ipotesi che l'ex pm di Mani Pulite avesse ricevuto informazioni confidenziali su una indagine in corso. Ma Di Pietro avrebbe invece convinto i pm che non fu così, spiegando che sia Mautone che gli altri raggiunti dai provvedimenti di trasferimento erano persone molto chiacchierate all'interno dei loro uffici, e per questo preferì destinarli a altri incarichi. «E ne sono molto orgoglioso — ha aggiunto — perché ora ho trovato un riscontro formidabile dalla lettura incrociata dei documenti da me presentati e delle intercettazioni telefoniche ». (Fulvio Bufi)