Sviluppo Italia in liquidazione, 100 licenziati su 138 vengono salvati
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Per il consigliere regionale dell’Udc Pasquale Tripodi (foto) è un provvedimento «discriminatorio e dal sapore clientelare ». E non si può dire, dal suo punto di vista, che il sospetto sia infondato. Perché la Regione Calabria dovrebbe aprire il paracadute soltanto per 100 dipendenti della locale filiale di Sviluppo Italia, in liquidazione, invece di salvarli tutti e 138? È successo tutto alla chetichella, il 31 ottobre del 2008. Ma la notizia è diventata di dominio pubblico appena poche settimane fa, quando il decreto di salvataggio è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale regionale.
Un decreto a dir poco sorprendente. Perché non soltanto stabilisce che un intero ramo d’azienda di Sviluppo Italia Calabria (in pratica quasi tutta la società), una controllata di Sviluppo Italia messa in liquidazione in seguito alla ristrutturazione di quel carrozzone pubblico, debba essere assorbito in blocco dalla Regione. Ma perché nel provvedimento sono anche citate per nome e cognome in un elenco allegato «che diventa», perché evidentemente non ci siano equivoci, «parte integrante e sostanziale» del provvedimento, i 100 fortunati che devono essere trasferiti dagli inferi della liquidazione al paradiso del libro paga regionale.
Non direttamente, s’intende. Come potrebbe la Regione assumere 100 persone senza concorso? Non potrebbe. Tutti questi dipendenti di Sviluppo Italia Calabria passeranno quindi armi e bagagli a un organismo regionale, la Fondazione Field, dove «Field» è l’acronimo di «Formazione Innovazione Emersione locale e Disegno territoriale». Di che cosa si tratta? È una struttura costituita dalla Regione nel 2003, quando presidente della giunta di centrodestra era Giuseppe Chiaravalloti, con l’obiettivo di far emergere il lavoro nero, e al cui vertice l’attuale giunta di centrosinistra presieduta da Agazio Loiero ha collocato Mario Muzzì: ex sindacalista Cisl, democristiano di lungo corso, poi margheritino, quindi loierano doc e tra i fondatori del Partito democratico meridionale.
L’operazione è frutto di un accordo stipulato alla fine di ottobre dello scorso anno fra la Regione Calabria, Sviluppo Italia e il ministero dello Sviluppo economico di Claudio Scajola. Tradotto il 3 novembre successivo in una delibera della giunta quindi in un decreto del 21 novembre pubblicato sul Bollettino regionale il 19 marzo 2009. E sarebbe una delle solite vicende di chiara impronta assistenzialista delle quali purtroppo la storia delle amministrazioni pubbliche italiane (e meridionali in particolare) è costellata, se non fosse per un particolare non trascurabile.
Sviluppo Italia Calabria si meritò nel 2007 l’onore delle cronache per un articolo pubblicato da Gabriele Carchidi sul quotidiano La Provincia Cosentina, corredato da una lista di 34 persone assunte negli anni da quella società. Figli, fratelli e congiunti di ex sindaci, ex parlamentari, sottosegretari e capibastone dei partiti locali. Ma anche di giudici, marescialli e dirigenti regionali. Quando non addirittura politici in carica.
Una lista, manco a dirlo, nella quale si ritrovano molti, una ventina almeno, dei 100 trasferibili per decreto alla Fondazione della Regione. C’è Antonio Mingrone, secondo l’inchiesta della Provincia Cosentina nipote dell’ex deputato di Forza Italia Battista Caligiuri. E poi Luigi Camo, figlio di Giuseppe Camo, ex deputato della Margherita, attuale presidente della Sorical, la società per le risorse idriche calabresi controllata dalla Regione. Ma anche Giada Fedele, consorte dell’ex vicepresidente del consiglio regionale, ora deputato dell’Udc di Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, Roberto Occhiuto. Insieme a Cecilia Rhodio, figlia di Guido Rhodio, già presidente Dc della Regione Calabria, sindaco margheritino del comune di Squillace. Ad Andrea Costabile, nipote di Gino Trematerra, ex senatore dell’Udc ora candidato alle elezioni europee. A Emilio De Bartolo, già esponente diessino, assessore al comune di Rende. A Carlo Caligiuri, figlio dell’ex consigliere regionale (anch’egli dei Ds) Enzo Caligiuri. A Olga Rizza, citata nell’inchiesta del quotidiano cosentino in quanto figlia dell’ex vicepresidente aennino del consiglio regionale Domenico Rizza. A Rita Fedele, presentata dallo stesso giornale come cugina dell’ex deputato di Forza Italia Luigi Fedele...
Perché proprio loro? Semplicemente perché fanno parte del ramo d’azienda di Sviluppo Italia Calabria che è «oggetto del trasferimento » alla Fondazione Field. Il ramo, testualmente, è questo: «Attività rivolte all’analisi economica territoriale, allo sviluppo del territorio attraverso politiche di marketing territoriale, alta formazione, ricerca industriale e sviluppo pre-competitivo; attività finalizzate allo sviluppo dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego; attività di servizi a supporto del sistema imprese finalizzata a favorire il decollo di iniziative imprenditoriali di piccole medie dimensioni mediante lo strumento dell’incubatore d’impresa ».
E vogliamo dare torto a Tripodi perché chiede preoccupato a Loiero che fine faranno «i 38 dipendenti» di Sviluppo Italia Calabria «collocati in stand by» affermando di avere la certezza che alcuni di quei 38, per non dire tutti, siano stati esclusi ingiustamente? (Sergio Rizzo)