Si è votato per il nuovo Parlamento Europeo e, come sempre, nessun partito ha perso le elezioni. Nelle dichiarazioni rilasciate alle agenzie di stampa, tutti i leader politici trovano, nel proprio risultato elettorale, grandi motivi di soddisfazione tali da ringraziare il proprio elettorato. I sorrisi si sprecano, l'aplomb regge, le mani meccanicamente continuano, per consolidata abitudine, a stringersi. Qualunque sia il voto ottenuto, ogni leader di partito riesce a trovare sempre un precedente esito elettorale che ne giustifica la crescita od il consolidamento della “spinta innovativa che il partito ha saputo interpretare”. Peccato però che se qualcuno vince non può non esserci qualcuno che perde.
Non ha certamente vinto il Pdl. Contrariamente alle aspettative, non solo non centra il fatidico traguardo del 40%-45% più volte annunciato da Berlusconi in campagna elettorale ma addirittura indietreggia di oltre 2 punti rispetto alle ultime elezioni politiche. Né il PD può cantare vittoria: perde oltre il 7% rispetto sempre allo stesso voto.
La Sinistra radicale, lacerata da lotte fratricide, frutto di insuperabili personalismi, rinuncia ad un sano pragmatismo scomparendo così, come da quello italiano, anche dal panorama politico europeo. E dall'altra parte della barricata non son rose ma solo spine: svanisce la Destra di Storace che aveva stretto un patto elettorale con l'Mpa di Gabriele Lombardo, new entry del panorama politico italiano ma già sconfessato, in Regione Sicilia, dalla sua stessa maggioranza. E dopo molti lustri passati in Europa spariscono anche i Radicali di Marco Pannella & C., nonostante l'Italia, con Emma Bonino, abbia avuto, nel passato, uno dei più apprezzati commissari europei.
Certo l'Italia dei Valori ha ragioni per gioire perché aumenta il suo consenso elettorale dal 4,4% del 2008 all'8% delle Europee ma ha anche fondati motivi per dolersi. Se si esclude il solo Di Pietro, l'elettorato, con le preferenze, ha bocciato tutti i suoi candidati promuovendo in Europa, al loro posto, solo quelli indipendenti e provenienti dalla società civile. Solo il meccanismo delle rinunce incrociate ha consentito a tre di loro (Iovine, Rinaldi, Uggias) di raccogliere un seggio, segno questo che la dirigenza di questo partito non gode di un pubblico apprezzamento da parte dell'elettorato.
Di più. La new entry, il pm Luigi De Magistris ha superato, in preferenze ed in 4 su 5 circoscrizioni, il più famoso pm Antonio Di Pietro, fatto questo fino ad ora mai successo e, conoscendo il carattere del presidente, forse la cosa non deve avergli fatto molto piacere. Infatti, subito dopo per mitigarne l'effetto negativo, il partito si è subito affrettato a comunicare, all'opinione pubblica, che, di lì a poco, avrebbe tolto, dal proprio logo, il nome “DiPietro”. Sarà De Magistris il nuovo leader del gabbiano che vola?
Come l'Idv, anche l'Udc consegue una pur minore crescita ma, tra le sue file, deve registrare, forse, la bocciatura più eclatante: il principe-ballerino Emanuele Filiberto di Savoia, segno questo che l'Italia non ha ancora metabolizzato, nonostante gli apprezzamenti in tv, la presenza degli ex regnanti sul suo territorio. Anche la Lega cresce di 2 punti ma non potrà mai sfondare: da prefisso telefonico le percentuali raccolte al centro-sud.
Ma allora, chi, senza ombra di dubbio, ha vinto? La “Casta” è troppo impegnata a parlarsi addosso da non vedere che c'è un partito che ha aumentato il suo “consenso” di 12 punti rispetto al 2008 e di oltre 6 punti rispetto al 2004: il partito degli astenuti. Per le Europee si sono astenuti più di 10 milioni di elettori sugli oltre 33 chiamati alle urne, con un aumento di quasi il 10% rispetto al 2004. Certo ciò dipende dal disinteresse, crescente anche in Italia, verso l'Europa e le sue istituzioni. Ma dipende anche dal diffondersi degli atteggiamenti negativi – dalla noia al disgusto – verso una politica nostrana condita da cinismo, odio, rancore e denigrazione. Ma di questo, come sul Titanic, nessun politico sembra però accorgersi....