Al consiglio regionale posti ad hoc per gli amici dei politici - La denuncia del vicepresidente Ronghi: «infornata» di distaccati da società a partecipazione pubblica
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ROMA — Parolina magica: comandato. Per un dipendente pubblico essere comandato significa il trasferimento dall’amministrazione che lo ha assunto a un altro ufficio. Più comodo, più prestigioso, soprattutto meglio retribuito. Insomma, un destino super ambito. Anche perché dovrebbe essere riservato a pochi fortunati destinatari di incarichi che non si potrebbero ricoprire in altro modo. Tranne che al Consiglio regionale della Campania, dove i comandati da altre amministrazioni sono la bellezza di 223: per un costo di almeno una dozzina di milioni l’anno.
Sono arrivati da tutte le parti. Dalle Asl. Dall’Inps. Dai ministeri dell’Istruzione, delle Infrastrutture, dell’Economia, dei Beni Culturali, della Difesa, della Giustizia. Dai Comuni: perfino da quello di Siena. Dalle Province. Dalle Università. Ma c’è chi è stato comandato al Consiglio regionale della Campania anche dalle Poste e dall’Atm: proprio così, anche l’azienda di trasporti controllata dal Comune di Milano. Siccome i distaccati dalle altre amministrazioni pubbliche non bastavano, allora con una leggina regionale del 2002 si è estesa la possibilità di far distaccare nel brutto palazzone del centro direzionale di Napoli dove ha sede il Consiglio, pure i dipendenti delle imprese pubbliche. Ma nemmeno controllate completamente dallo Stato o dagli enti locali, visto che per farsi recapitare nel dorato mondo della politica campana era sufficiente risultare dipendente di una società nella quale la partecipazione pubblica non fosse «inferiore al 49 per cento».
Il giochino era semplice: bastava far assumere una persona da una società del Comune o della Regione, dove si può entrare per chiamata diretta, e farla poi distaccare presso la segreteria di un politico. Dove, guarda caso, si trova la maggior parte dei comandati. Scorrendo il loro elenco si scopre che i dipendenti di società, amministrazioni ed enti pubblici distaccati presso strutture politiche, come i gruppi dei partiti, sono circa 150. Alla segreteria di Alessandrina Lonardo (foto), presidente del Consiglio regionale nonché consorte dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, ci sono 14 comandati. Quelli del gruppo Pd sono 22: fra loro, secondo la lista, ci sarebbe anche una persona proveniente da Enel distribuzione spa, società che fa parte di un gruppo nel quale la partecipazione pubblica è ben inferiore al 49% previsto dalla legge regionale. Ben otto sono nel gruppo del Nuovo Psi. Una dozzina in quello di Forza Italia. E ben sei sono alle dipendenze del questore al personale Fulvio Martusciello. Nel tentativo di mettere un freno a questo meccanismo infernale, qualche anno fa si decise di bloccare il flusso dei comandati dalle aziende pubbliche. Inutile dire che il promotore di questa iniziativa, il vicepresidente del consiglio regionale Salvatore Ronghi, ora esponente del Movimento per le autonomie, non si fece molti amici. Ma non aveva previsto l’inevitabile colpo di coda. Un giorno di gennaio del 2008, mentre si votava la legge finanziaria locale, passò senza colpo ferire un emendamento trasversale che prevede di fatto la stabilizzazione nei ruoli del consiglio regionale del personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni: compresi, ovviamente, i circa 80 dipendenti delle imprese pubbliche e parapubbliche. Erano le tre del mattino. La norma in questione è l’articolo 44 della legge regionale numero 1 del 2008 e stabilisce che i comandati possono venire collocati in un’apposita graduatoria e accedere a «corsi concorsi» a loro riservati per passare a tutti gli effetti alle dipendenze del Consiglio.
Per gestire questa procedura è stata nominata il 2 luglio scorso una commissione di nove (nove!) persone presieduta da un dirigente dell’amministrazione, Girolamo Sibilio, ma con forti venature politiche. Ovviamente bipartisan. Per dirne una, ne fa parte anche Anna Ferrazzano, vice presidente della giunta provinciale di Salerno, già commissario di Forza Italia nella città campana. Secondo Ronghi ce n’è abbastanza per far scoppiare uno scandalo, mettendo anche in azione la magistratura: «E’ del tutto illegale assumere in questo modo i comandati provenienti dalle aziende a partecipazione pubblica. La legge stabilisce che non si possa venire assunti in una pubblica amministrazione se non tramite concorso pubblico, e sottolineo pubblico. I corsi concorsi previsti dall’articolo 44 servono soltanto per aggirarlo facendo diventare dipendenti del consiglio regionale gli amici dei politici assunti fittiziamente dalle società miste». Non sarà un caso che da quando è nata la Regione Campania, nel 1970, nel consiglio regionale non è mai entrato un dipendente per concorso pubblico. Il primo concorso (per 36 posti) è stato bandito nel 2005, ma non è stato ancora fatto. E la prospettiva della stabilizzazione di tutti i comandati non lascia molte speranze a chi punta su quello per avere un lavoro. Anche perché costoro sono circa metà di tutti i dipendenti del consiglio. Che grazie ai comandi e ai distacchi sono diventati negli anni più numerosi di quelli di Buckingham Palace, e oltre il doppio, in proporzione agli eletti, rispetto alla Camera. Per ognuno dei 60 consiglieri regionali campani ci sono circa otto dipendenti, a fronte dei tre per ogni deputato che si contano a Montecitorio. (Sergio Rizzo)