La comunità scientifica internazionale è unanime nel denunciare l'effetto serra ed i cambiamenti climatici. Già se ne avvertono i primi pericolosi segnali nell'ecosistema: l'aumento delle aree desertiche, l'innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai perenni e delle calotte polari, il surriscaldamento della terra, le variazioni climatiche, la riduzione delle stagioni intermedie, la scomparsa di numerose specie di animali, le maggiori tempeste ed uragani, le ondate di caldo o di freddo ed altro ancora.
A tal proposito, si sta svolgendo, in questi giorni, a Copenaghen, la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Un consesso che, a dispetto della gravità delle problematiche poste sul tavolo dei relatori, sembra destinato al più clamoroso dei fallimenti. La presidenza danese non è riuscita a produrre una bozza di accordo da proporre alla discussione soprattutto per la durissima opposizione della Cina e del Gruppo dei 77 (Paesi poveri) che hanno ammonito i paesi ricchi a non ostacolare il loro processo di espansione economica. Giappone, Russia e Canada non entreranno in un nuovo accordo simil-Kyoto se tutti i 192 presenti non accetteranno vincoli alle emissioni. Solo l'Europa, con il suo piano 20-20-20 (riduzione entro il 2020 del 20% delle emissioni di CO2, aumento del 20% del risparmio energetico e 20% della produzione energetica dalle fonti rinnovabili solare, eolico, geotermico e biomasse) resterebbe la sola ad avere obblighi di riduzione!
Gli USA, che il 16 febbraio 2005 non sottoscrissero il protocollo di Kyoto (riduzione delle emissioni di CO2 e dei gas climalteranti) ratificato invece in 189 Stati ed in ora scadenza nel 2012, e la Cina rappresentano i due più grossi inquinatori: il 50% delle emissioni di CO2 pari a oltre 13.100 milioni di tonnellate. Dalla rivoluzione industriale in poi si sono combusti petrolio, carbone e gas accumulati in milioni di anni. Un accordo senza i due principali attori sul banco degli imputati sarebbe perciò l'ennesima presa in giro giocata sulla pelle dei singoli cittadini e noi “CITTADINI ATTIVI” non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questo pericolo.
Ovviamente a questa assise è presente anche l'Italia. Ma questa emergenza planetaria come è vissuta nel nostro Paese? E noto a tutti che il governo italiano ha recentemente varato un piano di riconversione al nucleare ma, forse, pochi sanno che nel protocollo di Kyoto il nucleare è stato escluso dalle tecnologie che servono alla riduzione dei gas serra. Ma allora ci chiediamo che senso ha la nostra presenza a Copenaghen? Ricordiamo che la quasi totalità dei votanti, bocciò con un referendum, il ricorso all'energia nucleare.
Ma non finisce qui! Si è recentemente scoperta una tangentopoli a Mazara del Vallo, un'operazione antimafia che ha evidenziato il nuovo business plan di Cosa Nostra: la mafia si propone come vettore di attività produttive, fa da volano alla green economy, un'energia che non puzza di petrolio ma di mazzette. Sono già 900 le pale eoliche in Sicilia ma ne stanno sorgendo a migliaia (da 3,500 a 5.000 di cui 700 solo in provincia di Enna) anche dove il vento non ha la forza di farle girare. E per farle stare in piedi servono tonnellate di calcestruzzo nelle fondamenta! La mafia passa palmo a palmo l'isola per individuare siti su cui costruire centrali eoliche con i finanziamenti comunitari: una palificazione selvaggia. Ci sono parchi eolici senza neppure l'allacciamento alla rete elettrica ed il comune di Butera, quale esempio dello spreco, spende quasi due milioni euro per una pala che da due anni se ne sta lì ferma davanti al paese.
Come contraltare a quanto affermato, nel marzo del 2007, l'allora ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro bloccò un progetto, sostenuto da Legambiente, per la realizzazione del primo grande parco eolico offshore, nell'Adriatico, al largo della coste del Molise, progetto che fu respinto anche da Comuni, Province, Regioni perché avrebbe offeso il paesaggio ed il turismo. Sfruttando i venti della zona, le pale rotanti avrebbero prodotto l'energia necessaria per alimentare 120 mila famiglie. Un contributo piccolo, ma non trascurabile, che avrebbe risparmiato all'atmosfera 420 mila tonnellate l'anno di CO2 oltre a una valanga di inquinanti ordinari. A questo punto, assodato che anche su questo nevralgico tema ambientale nulla sembra tutelare il singolo cittadino (attivo), mi chiedo: ma dopo l'acqua a quando l'aria in bottiglia?