Per la classe politica italiana, alla fine del 2011, «la crisi economica in Italia non esisteva, gli italiani vivevano in un Paese benestante, i consumi non erano diminuiti, i ristoranti erano pieni, si faticava a prenotare un posto sugli aerei».
Vai ora a spiegarlo a quel 45,7% dei cittadini italiani (minimo storico!) - secondo quanto riporta una recente indagine del Centro Studi Einaudi - che considera insufficiente il reddito corrente (era il 53,4% nel 2011). Recentemente sono stato invitato a dibattere l’argomento in una trasmissione televisiva e le telefonate e gli sms che sono giunti, in diretta tv, da parte di cittadini fortemente contrariati e indispettiti per la situazione attuale sono stati una vera valanga.
Il 12,5% degli italiani (è il picco), il 3% in più del 2011, dichiara che il proprio reddito è del tutto insufficiente al mantenimento del proprio tenore di vita ed il 46,2% ha già intaccato i propri risparmi. Il 24,3% si è messo alla ricerca di un nuovo lavoro o di una fonte di entrate integrativa per non morire di fame. Il dato relativo al risparmio segna, nel 2012, il minimo storico: i non risparmiatori raggiungono il 61,3% (era 52,8% nel 2011) e tra questi vi sono le famiglie con reddito mensile inferiore a 1.600 € euro! (è il 77,3% del totale).
Con la crisi cambiano anche le motivazioni del risparmio dei cittadini. Scema l’interesse per l’acquisto della casa che si contrae fino ad appena il 5,5% nel 2012, mentre toccano invece il massimo le motivazioni ereditarie o di trasferimento di parte della ricchezza ai figli: il 19,5% risparmia per aiutarli, pagar loro gli studi o lasciare un’eredità. Nel confronto con la generazione dei genitori il 40,9% degli italiani ritiene di essere regredito. Questo vale per tutti gli aspetti della vita materiale, salvo che per le condizioni di salute, giudicate comparativamente migliori. Purtroppo ora il numero di figli a carico incide sulla capacità di risparmio. La nascita di un figlio riduce di circa 3 punti la percentuale (da 43,7% a 40,3%); il secondo figlio fa perdere altri 4 punti (36,2%), ma la vera e propria caduta, di oltre 21 punti rispetto al gruppo precedente, arriva con il terzo figlio (appena il 14,6%) e per un Paese che guarda al futuro questo fenomeno ne rappresenta la pietra tombale.
Ecco allora che sempre più monta la protesta sociale da parte di cittadini (attivi) stufi dell’attuale situazione. Una recente indagine del Censis conferma che sta crescendo molto. Ben 9 milioni di italiani hanno partecipato, nell’ultimo anno, a manifestazioni di protesta autorizzate, in tanti modi, e per ragioni diverse. Si tratta del 17,7% della popolazione maggiorenne, una percentuale in forte crescita rispetto a quella rilevata dal Censis nel 2004 (11,8%). In generale, la protesta si manifesta con contestazioni molto frammentate: si va dai giovani frustrati a causa delle mediocri prospettive occupazionali, alla rabbia per gli squilibri di reddito o per la eccessiva tassazione, all’attuale ventata di antipolitica che proietta il Movimento di Beppe Grillo ad oltre il 20% dei consensi, in questo divenendo, nei sondaggi, il secondo partito in Italia dopo il PD.
La cosa interessante è che l’80,2% dei cittadini dichiara la propria partecipazione ad una manifestazione di protesta contro i privilegi della classe politica – tema che da anni rappresenta il principale motivo di attività dell’associazione “CITTADINI ATTIVI” - il 75,3% contro l’inasprimento del prelievo fiscale, il 70,7% contro le opere pubbliche ritenute inutili o dannose per il territorio, il 69,1% contro i tagli ai servizi locali (sanità, scuola, trasporti), il 59,6% contro gli interventi di riforma del mercato del lavoro, il 52,8% contro la liberalizzazione dei servizi pubblici, quali ad esempio l’acqua.
Per voi politici, tutto ciò rappresenta forse una novità?