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n. 2155 del 20/10/2009

UN “LODO” ALLA GOLA

«Non è configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perché egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l' unità, promuovendo e coordinando l' attività dei ministri e ricopre, perciò, una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares». Questo è uno dei passaggi chiave della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale, massima carica di garanzia del nostro Stato democratico, che dichiarava incostituzionale il cosiddetto “Lodo Alfano”. In sostanza la norma violava l’art. 3 della Costituzione dove si afferma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Ma il “Lodo Alfano” altro non è che l’ultimo di una serie di “lodi” che hanno caratterizzato, in questi ultimi anni, la vita politica e giudiziaria di questo nostro Paese, norme finalizzate a garantire l’impunità. Uno strumento divenuto di moda e che ha segnato profonde disparità di trattamento tra i cittadini italiani.

Progenitore del “Lodo Alfano” fu il “Lodo Schifani” che sanciva che «...non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale». I giudici lo bocciarono ritenendolo in contrasto con gli articoli 3 (principio di eguaglianza) e 24 (diritto di azione in giudizio e di difesa) della Costituzione. Dopo il lodo Alfano, nel maggio del 2008, comparve il cosiddetto “Lodo Consolo”, una legge che mette sullo stesso piano chi è ministro e ha commesso un reato nell'ambito delle sue funzioni, e quindi, in base all'articolo 96 della Costituzione, gode di una parziale tutela in quanto spetta alla Camera o al Senato dare il via libera all'indagine, con chi invece è pur sempre ministro, ma ha commesso un delitto nelle vesti di normale cittadino. I più intravedevano, nella norma, il tentativo di sottrarre il ministro Altero Matteoli da un processo in corso a Livorno che lo vedeva imputato per favoreggiamento.

Ultimo arrivato è il “Lodo Bernardo” che stabilisce che le Procure della Corte dei Conti non possono attivare indagini sui danni erariali in assenza di specifica denuncia che dovrebbe essere fatta dall'amministrazione competente che subisce il danno e amministrata dalla stesse persone che il danno hanno causato. In pratica la denuncia dovrebbe essere fatta da quei politici che hanno nominato i dirigenti in odore di corruzione. Di ben altra natura, ma sempre illegale, è il “Lodo Mondadori” il cui processo ha sentenziato la condanna della holding della famiglia Berlusconi a pagare 750 milioni di euro alla Cir per il danno causato dalla corruzione del giudice Metta, ad opera dell'avvocato Previti, e dalla conseguente decisione di assegnare (era il 1991) la Mondadori al gruppo del Cavaliere. Altro tentativo di salvataggio si è compiuto questa primavera quando una norma, definito “Lodo Salva Manager”, inserita surrettiziamente al decreto correttivo con cui il ministro del Lavoro ha modificato il Testo Unico sulla sicurezza, metteva al riparo i vertici di tutte le aziende dalle responsabilità su tutti gli infortuni sul lavoro. Ai più è sembrato un tentativo per evitare ai manager della Thyssen una probabile condanna per strage nel processo in corso. E come non ricordare il famoso “Comma Fuda”? Proposto nel 2006 dal senatore Pietro Fuda, eletto nel centrosinistra, ed inserito, furtivamente, nella legge Finanziaria 2007, il comma era una norma che cancellava i reati contabili della Pubblica Amministrazione, prevedendone la riduzione dei termini di prescrizione.

Se a tutto ciò aggiungiamo che siamo già alla terza edizione dello “Scudo Fiscale”, norma che tutela gli evasori fiscali favorendo il rientro dei capitali detenuti illegalmente all'estero dietro il pagamento di una irrisoria (5%) aliquota fiscale, io mi domando perché mai la “casta” continua sempre a chiedersi perché i cittadini (attivi) onesti hanno ancora un “lodo” alla gola?


Armando Della Bella


Paolo Tagliaro © 2003/04 - Tutti i diritti sono riservati