Presidente, lei subentra a Fabio Salviato socio fondatore di Banca Etica che, dopo quattro mandati, lascia per raggiunti limiti statutari, un’eredità pesante…
Non direi pesante, ma importante perché Banca Etica è una bella esperienza. E’ un passaggio utile per la banca indipendentemente dalla mia persona e da quella di Salviato perché i cambiamenti sono sempre vissuti in modo positivo, sono l’occasione per fare il punto della situazione, per ritarare le modalità di lavoro, per inserire nuove forze, nuovi entusiasmi, voglia di fare quindi, un buon testimone da saper gestire bene
Ugo Biggeri chi è? Da dove viene?
Sono nato e cresciuto a Firenze. Sono laureato in fisica. Provengo da una organizzazione non governativa che è Mani Tese, uno dei soci fondatori, e di cui diventai presidente a 29 anni. Ho sempre fatto volontariato e ho seguito fin dall’inizio l’esperienza di Banca Etica. Poi mi ha appassionato molto l’idea di mettere le mani nel motore dell’economia, un sistema che vorremmo cambiare perché Mani Tese coltivava quest’idea cioè di lavorare non solo per la riduzione del danno dei progetti, ma anche sulle cause della povertà nel mondo. Poi quando c’è stata l’occasione di poter essere più addentro alle cose che riguardavano Banca Etica ho colto quest’occasione, proprio per la passione che mi aveva preso
Banca Etica, il perché di un nome
Il nome ci fu dato. C’era stato un brainstorming nell’ambito del quale furono proposti vari nome: banca solidale, banca della solidarietà, banca della responsabilità ma poi ci fu un giornalista che intitolando un articolo fece questo nome, ci è rimasto appiccicato addosso, ma, col senno di poi, fu un bene perché è un nome che ha un senso e perché è soprattutto comunicabile alle persone. Comunica un’apparente contraddizione e questo fa riflettere. Questa contraddizione fa capire che dietro al modo di fare di Banca Etica c’è un ragionamento. La parola etica e la parola banca, nella percezione dei cittadini, stanno molto lontane tra di loro e quindi questa cosa qui fa immediatamente pensare alle persone che i casi sono due: o è una truffa oppure si sta cercando, seriamente, di farsi delle domande. La finanza etica è un luogo in cui ci si fa delle domande di senso su come si usa la finanza e su come si usa il denaro, non solo dal punto di vista economico (quanto rende) ma anche a cosa serve quello sto finanziando, a quali risultati sociali o ambientali perviene Si entra nel merito. Quindi fare banca, ma porsi delle domande. Le risposte possono essere individuali o collettive ma dietro l’etica c’è sempre una domanda
Banca Etica, è la prima esperienza in Italia, ne ha la primogenitura…
Sì, come banca è la prima esperienza. Nella storia c’erano le cooperative finanziarie di mutuo in autogestione che sono tra i principali fondatori di BE. Oggi ci sono altre 2 o 3 banche che fanno cose di questo tipo che hanno semplificato molto dichiarando che finanziano il no-profit che, in realtà è l’80% di quello che facciamo noi, però BE continua a farsi delle domande, non si limita a servire solo una nicchia, il no-profit ma fa finanza in tutti campi
….infatti qual è il vostro target? Pare che, ultimamente, sia maturato un interesse verso il mondo del privato, non solo quindi l’associazionismo, il no-profit, le onlus….
Guardi, all’inizio la nostra base associativa era molto più diffidente verso il mondo profit. Oggi la stessa nostra base associativa, che si sta allargando ben al di là dei nostri soci come mondo di riferimento, ha prodotto un movimento che 15 anni fa, quando nacque BE, non c’era: sono i gruppi di acquisto ecosolidale che sono piccoli imprenditori profit. Quest’ultimi, per le forniture, si rivolgono a dei produttori che BE può decidere di finanziare. BE quindi si interroga su come lavorare con il mondo del profit, è una domanda che nasce dai fatti perché siamo una banca che vive di reti e di relazioni nel mondo dell’economia responsabile e poiché queste reti si interrogano su questo, anche BE lo deve fare. Abbiamo una storia positiva. Tutti i progetti, anche quelli no-profit li valutiamo secondo un modello sociale ed ambientale, siamo quindi abituati ad entrare nel merito; nel mondo profit lo facciamo con un po’ di attenzione in più
….e verso il privato cittadino, colui, ad esempio, che necessita di un mutuo prima casa?
Nel progetto iniziale, non era prevista l’attenzione al singolo cittadino. Nel momento in cui si è raggiunto un capitale sociale necessario per fare banca grazie a moltissimi cittadini afferenti alle reti di BE che hanno aderito in quanto singoli cittadini e che con forza ci hanno chiesto dei servizi bancari, cioè volevano una banca a tutto campo, non una banca che facesse solo finanziamenti, il passaggio quindi alcuni bisogni fondamentali dei cittadini è stato breve: sia mutui prima casa sia, ad esempio, che il “conto energia”, forma di finanziamento dedicata alle energie rinnovabili, che è cresciuto molto e di cui siamo stati pionieri rispetto alle altre banche,
Lei stato eletto dall’ultima assemblea soci nell’ambito della quale il bilancio ha registrato una riduzione dell’utile passato da 1.270.000 euro a 30.000 euro. E’ vero che il fenomeno ha riguardato tutto il mondo bancario, è vero che la crisi ha colpito tutti ma BE come ne esce?
Ma guardi, la crisi ha colpito tutti. Le motivazioni per cui BE ha raggiunto un sostanziale pareggio hanno però una natura diversa perché noi, e lo dico con orgoglio, siamo una banca che vive solo di intermediazione finanziaria mentre altre banche oggi vivono anche di commissioni, di servizi e di altre attività che non siano solo il raccogliere denaro dai risparmiatori e prestarlo. La riduzione della forbice dei tassi è il motivo sostanziale di contrazione dell’utile di bilancio. Inoltre, altra ragione, che ha quindi raddoppiato l’effetto negativo, è il rapporto tra raccolta e impieghi non è ancora soddisfacente. Nel 2009 eravamo poco sopra al 50%, ora siamo al 60% ma vorremmo crescere fino all’80%, 90%. In realtà siamo una banca che da oltre 10 anni continua a crescere, con trend a due cifre, sia nella raccolta che negli impieghi e quindi la criticità deriva anche dal fatto che, crescendo sempre la raccolta, diventa per noi difficoltoso poter conseguentemente adeguare la percentuale del rapporto raccolta/impieghi al valore ottimale. Avessimo la raccolta ferma, la cosa sarebbe per noi molto più facile e semplice
In BE si parla, nell’ambito del credito, di “doppia istruttoria”. E’ una particolarità. Che cosa significa?
Vede io a volte scherzo un po’ con i soci, dicendo che è un po’ come nel film Matrix, dove si dice che la cosa più importante è la domanda, poi la risposta arriverà e così in BE. La cosa più importante per la finanza etica, è farsi delle domande e allora noi, quando abbiamo iniziato a fare dei fidi, la domanda ce la siamo fatta: facciamo dei fidi, che tipo di istruttoria facciamo? Non c’è dubbio che c’è quella tradizionale e noi ne affianchiamo un’altra che è il senso di quello che si va a fare. Esiste un questionario e poi c’è la nostra rete dei “valutatori sociali”, semplici volontari, che vanno a fare delle interviste per capire alcuni aspetti che potrebbero sfuggire alla semplice lettura dei bilanci. La prima cosa è la rete di relazioni. Noi usiamo la rete di relazioni per capire l’affidabilità di un soggetto: il buon nome, se è composto da persone di un certo tipo, la storia che ha, se lavora sul territorio, le politiche nei confronti dei dipendenti, il ricambio negli organi societari, il livello di partecipazione, le attenzioni ambientali che vengono messe in campo, la democraticità e la trasparenza dell’organizzazione, l’utilizzo degli utili quando ci sono, cose che non vedi sui bilanci ma che in trasparenza si può andare a chiedere sul territorio: abbiamo questa forza che in alcuni casi ci ha permesso di non prendere delle cantonate
….immagino che andrete anche a valutare se il tipo di attività è meritevole di essere sostenuta?
Beh, certo. Ad esempio, è successo che tanti fa un circolo di una associazione ci ha chiesto il finanziamento per la sala del videopoker. Nonostante i numeri fossero buoni, nonostante avessimo a che fare con un circolo che comunque funzionava bene, questa attività specifica non ci è sembrato il caso di finanziarla. Oppure nel fotovoltaico soprattutto al sud: c’è la tendenza a ricoprire interi terreni fertili di fotovoltaico. Dal punto di vista economico finanziario ci sono maggiori garanzie, però da un punto di vista ambientale, con la quantità incredibile di tetti che già abbiamo e la cementificazione che già esiste, rendi improduttivo un terreno e quindi non lo facciamo anche se è una cosa economicamente conveniente
Nel mondo del credito uno degli indicatori più significativi è il livello delle sofferenze. Qual è la situazione in BE? Ovviamente BE è soggetta alla sorveglianza di Banca d’Italia….
Abbiamo un numero di sofferenze decisamente basso rispetto al mercato: siamo intorno all’1% ed il nostro valore è uno dei tassi più bassi e tenga presente che noi, nel sud d’Italia, siamo l’unica banca che investe il doppio di quanto raccoglie, in un’area dove, statisticamente, la percentuale di sofferenze è tra le più alte. Uno dei motivi di questo successo è che, oltre a saper fare il lavoro di valutazione economica, è la nostra rete territoriale, di persone, di volontari che ti danno quell’intangibile che è molto difficile da misurare è che rappresenta quella forma di garanzia indiretta che diventa molto efficace e che ti aiuta molto.
Sì, siamo soggetti alla vigilanza di Banca d’Italia ed una criticità che abbiamo è proprio il patrimonio di vigilanza e quindi chiedo ai soci o alle persone che sono vicine a BE di sostenere BE nella capitalizzazione, cioè di diventare azionisti o nell’aumentare le quote di azioni che si hanno. Credo che siano veramente delle buone azioni quelle di BE che negli anni si sono apprezzate. Noi oggi abbiamo 27 milioni di euro di capitale sociale e 33.000 soci però, poiché però tutti ci chiedono di fare fidi, se non cresciamo nel patrimonio di vigilanza, non possiamo aumentare in questo comparto. Teniamo anche presente che Banca d’Italia considera tutti i nostri affidamenti a rischio massimo, 100% del potenziale di assorbimento del capitale di vigilanza perché secondo le regole di Basilea2 sulla valutazione del rischio nel credito, finanziare cooperative sociali, associazioni, realtà del mondo no-profit è considerato a rischio massimo. Per farle un esempio finanziare la Lehman Brothers era ad assorbimento del capitale praticamente inesistente: La mia non è una critica a Banca d’Italia, giustamente si fa questo controllo, però ci piacerebbe che si facesse anche un approfondimento prima di dire che tutto il mondo no-profit è a rischio massimo…
Due parole sul vostro modello organizzativo, cioè come il cliente puo’ contattare BE o come voi vi relazionate con il cliente; si parla di “banchieri ambulanti”….
Abbiamo chiesto agli italiani se conoscono BE ed il 20% ha risposto di sì e di questi, una buona metà, non solo ne ha sentito parlare ma ha un’idea più precisa di cosa sia BE; pensiamo quindi di avere un grosso mercato davanti. Abbiamo 13 filiali sul territorio ma la grossa parte dei nostri clienti è ovunque anche molto distante dalle filiali, anche in Sardegna senza avere filiali. Utilizziamo il conto online e la possibilità di effettuare i versamenti presso gli sportelli postali unitamente alle carte di credito e debito. Il primo contatto avviene tramite i “banchieri ambulanti” che, per normativa finanziaria, sono dei promotori finanziari per i quali però, contrariamente a quanto accade nel mondo finanziario, la retribuzione con BE è per buona parte determinata da un “fisso” non sono quindi incentivati a vendere qualunque cosa, la cosa che rende di più. Rallenteremo il processo di apertura delle filiali perché riteniamo che il nostro cliente ed il nostro potenziale possa essere raggiunto in maniera più leggera e quindi quella del “banchiere ambulante” sarà una strada che cercheremo di continuare a mantenere
Un’ultima domanda: il progetto BE in Europa. Che ruolo gioca in Europa? Che posizione ha?
Guardi, per la prima volta in Italia, la settimana scorsa abbiamo terminato una summer school in “social banking” con oltre 90 studenti provenienti da tutto il mondo, 19 paesi, che abbiamo organizzato insieme alle altre banche etiche europee tramite l’”Istituto per il social banking”. Quindi ci confrontiamo regolarmente. In Europa di fatto siamo la terza banca etica per dimensioni anche se siamo praticamente tra le ultime nate. Le altre realtà olandesi, francesi e svizzere sono operative già da oltre 20/30 anni. Siamo molto orgogliosi di questo. BE è riconosciuta a livello europeo per la modalità innovativa e partecipata con la quale è stata creata: il fatto di aver costituito una cooperativa con i cittadini è una cosa che non si è vista altrove a livello mondiale. Siamo visti come modello da chi vuol fare finanza etica. Abbiamo un rapporto stabile con alcune realtà locali spagnole che hanno copiato il nostro modello organizzativo e che ha fatto sì che, oggi, BE in Spagna vanti 12 milioni di euro di finanziamenti e 20 milioni di euro di raccolta. Questa realtà spagnola, nel giro di qualche anno, o sarà una banca autonoma oppure se andrà avanti il progetto di BE europea avremo, di fatto, già una rete sul territorio. Analoga riflessione si sta sviluppando in Francia dove non potrebbe essere uno start-up ma dovremmo valutare un eventuale progetto di fusione. Certo è che se non ci fosse stata la crisi e avessimo avuto bilanci più floridi – anche per il 2010 prevediamo il pareggio di bilancio – avremmo potuto concretamente immaginare uno sviluppo più ravvicinato. Dal punto di vista ideale, il percorso sta comunque continuando.