Qualche giorno fa il senatore Giampiero D'Alia (UDC) ha proposto un emendamento al cosiddetto pacchetto sicurezza (DDL 733), identificato dall'articolo 50-bis dal titolo: “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”. In sostanza si dice, nella prima e quarta riga del primo comma, che sarà perseguito chiunque, tramite internet, istiga a disobbedire alle leggi o, per meglio dire, che qualora un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog, sito web FB o altra applicazione sulla rete a disobbedire o a istigare contro una legge che ritiene ingiusta, i providers dovranno bloccarne il blog o il sito. Essi dovranno intervenire entro 24 ore pena sanzioni da 50.000 a 250.000 euro, mentre per i blogger è previsto il carcere da 1 a 5 anni oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali.
Se, in termini di principio, l'iniziativa può essere condivisa soprattutto se finalizzata alla salvaguardia delle sicurezza pubblica, che possiamo dire della sua applicazione? Se, per fare un esempio, esprimendo il legittimo diritto di critica, si contesta una legge quale quella relativa al divieto/blocco delle intercettazioni, si ricade nel suddetto reato? Si riuscirà a far sì che questa norma possa essere applicata in modo uguale per tutti? E che dire di coloro che contestano, ed esempio, la legge sull'aborto, sulla fecondazione assistita o sullo scudo fiscale?
Il timore è che questo emendamento lasciato alla libera interpretazione ed applicazione del singolo, possa divenire l'ennesima limitazione alla liberà di espressione.