Un milione di euro. Questa è la cifra che il dott. Adriano Cestrone, direttore dell’Azienda Ospedaliera di Padova, conta di poter recuperare da circa novecento madri, “colpevoli”, di aver pagato, tra il 2003 ed il 2010, solo il ticket sanitario, pari a 36 euro, quale corrispettivo al trattamento di fecondazione assistita. E proprio in questi giorni giunge, al domicilio delle interessate, il sollecito a pagare, retroattivamente, 400 euro, se la signora fu destinataria della tecnica “Fivet” (fecondazione in vitro), o 700 euro se alla paziente fu applicata la tecnica cosiddetta “Icsi” (fecondazione in vitro mediante iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo).
Se consideriamo che, spesso, di trattamenti se ne fanno più di uno prima di avere successo, ognuna di loro deve, in media, restituire circa 1.800 euro. Una bella differenza e un onere pesantissimo, specie di questi tempi, in cui le famiglie italiane soffrono le conseguenze dell’attuale crisi economica e finanziaria.
Vibrata sarà la nostra protesta verso le Autorità competenti perché fu la stessa Clinica Ostetrico-Ginecologica, diretta, nel periodo, dal prof. Antonio Ambrosini, che richiese, al tempo, solo il pagamento del ticket e non già gli oneri che, invece, una circolare interna dell’ospedale reclamava. L’applicabilità retroattiva è una prassi alquanto criticabile, specie se le persone erano tutte in buona fede. Ora sulle 900 povere ed ignare cittadine si scaricano le conseguenze dell’ennesimo episodio di mala gestione della Sanità Pubblica.