Da qualche giorno la “classe politica”, quella con la “P” maiuscola, s'interroga se, a fronte della grave crisi finanziaria che ha colpito i paesi cosiddetti PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) e che, a seguire, ha messo in difficoltà l'Europa, sia o meno opportuno, come segnale di buona volontà, ridurre del 5% gli emolumenti percepiti da parlamentari e manager di Stato. «Proporrò in sede di Governo, quando affronteremo la manovra finanziaria, un taglio almeno del 5% agli stipendi di ministri e parlamentari come hanno fatto in Inghilterra e Portogallo» spiega il ministro Roberto Calderoli. Il tutto rientrerebbe nell'ambito della manovra di correzione dei conti pubblici 2011 e 2012 finalizzata a riportare il nostro deficit, dei prossimi due anni, sotto controllo, così da dare ai mercati un segnale di stabilità del nostro Paese. Una crisi gravissima ed una manovra altrettanto impegnativa che ha seriamente preoccupato la “Casta”: «Ho contato al massimo 11 deputati del Pdl - racconta l'on. Matteo Colaninno, esponente del Pd - due della Lega, undici dell'Udc, tre dell'Idv e 38 del Pd. E in aula c'era il ministro dell'Economia che riferiva della crisi greca, cioè di una cosa gravissima che riguarda noi. E pensare che si parla di centralità del Parlamento! Vuol dire che non c'è consapevolezza di quello che accade».
Un dilemma difficile da sciogliere a fronte di compensi, onnicomprensivi di diarie, rimborsi e prebende, pari a 14.500 euro netti mensili percepiti da un eletto al Parlamento Italiano, o di stipendi annui dell'ordine delle centinaia di migliaia di euro per un manager di enti, società, istituzioni pubbliche o partecipate dallo Stato. Per non parlare poi del rimborso elettorale devoluto ai partiti, pari a 1,5 miliardi di euro per ogni legislatura ed introitato anche quando quest'ultima si conclude precocemente. Di più. Il tetto agli stipendi d'oro del pubblico impiego, introdotto dal governo Prodi e fissato in 290.000 euro lordi annui, è stato poi, purtroppo, da questo governo successivamente eliminato. Ma, come vedremo, intanto non si è perso tempo e qualche taglio effettivamente lo si è prodotto. Infatti «...i tagli alle spese comporteranno sacrifici per tutti» ha affermato il ministro Calderoli.
E proprio in questi giorni i “cittadini attivi” friulani mi segnalano il caso di una persona dichiarata invalida al 100%, che non è rimasta immune da questo nuovo moto d'orgoglio nazionale. Ebbene questo sventurato cittadino percepiva una pensione – si badi bene – di ben 265,21 euro (!) al mese e si è pensato bene che, poiché erano sicuramente troppi, fosse opportuno sforbiciarla un po', portandola a 254,88 euro, e chiedendogli anche la restituzione di ben 103,30 euro percepiti in più. La ragione di tutto ciò pare, ma la cosa non è stata ancora confermata, possa dipendere dai quasi 5.000 euro annui che questo signore aveva percepito per una piccola operatività residua di 2 ore al giorno svolta per una cooperativa sociale del luogo. Certo effettivamente lo Stato italiano, l'Inps, con questo cittadino, in tempi di vacche magre, ha ottenuto un bel risparmio. Il problema è che le “vacche magre” sono sempre quelle degli altri, mai di quelli che ci governano o di chi è lautamente retribuito con il pubblico denaro.
La cosa suscita ancora più scalpore se, per esempio, questa pensione d'invalidità – ripeto del 100% - la si confronta con l'assegno sociale, cioè la rendita assistenziale corrisposta agli ultrasessantacinquenni privi di altri redditi: 381,72 euro, il 50% in più!
La classe politica arrossisce di fronte a queste ingiustizie? Macché, vi state sbagliando. Quel colore che vedete sui loro visi altro non è che l'effetto del primo sole primaverile o delle lampade solari, unica alternativa disponibile per tutti quelli che, purtroppo per loro, son costretti a lavorare seduti nel Parlamento Italiano...