Venerdì 21 dicembre, in serata, dopo l’approvazione della legge di stabilità, il presidente Mario Monti si è dimesso. «… e oggi che siamo qui a dire che consideriamo conclusa l’esperienza di questo Governo…. Nel momento anche del giudizio negativo nei confronti di questo Governo, noi abbiamo il dovere di dire agli italiani perché pensiamo che le cose vadano peggio…» con queste parole una buona parte della classe politica ha deciso di interrompere l’attività legislativa del governo Monti.
Poco male, si dirà. Ormai si era in scadenza di legislatura e le cose più importanti erano già state fatte. L’anticipare di qualche settimana il voto non avrebbe certo creato problemi al Paese, alla democrazia, alla trasparenza, al senso di legalità, agli elettori. La classe politica è certa di aver raggiunto i suoi obiettivi dimostrando, nel voto, un’efficacia non usuale. Effettivamente può sembrare così, oppure no…
Il Parlamento ha varato la “riforma” del mondo del lavoro indebolendo l’articolo 18 dimenticandosi, però, di “riformare” per tempo anche la legge elettorale, cosa da tutti sbandierata. Nonostante i ripetuti e pressanti interventi del Capo dello Stato la commissione Affari Costituzionali ha “dovuto” gettare la spugna. Voteremo con il Porcellum con “grande dispiacere dei partiti”.
In quattro e quattr’otto è stata poi approvata, con lacrime amare, una pesante riforma di “tagli” al sistema pensionistico, evitando però di “tagliare” anche il numero dei deputati e dei senatori (508 deputati anziché 630 e 254 senatori invece di 315 – davanti alla riforma semipresidenzialista tutti sono stati ben contenti che si fosse materializzato un pretesto per bloccare tutto) nonché di “tagliare” anche il numero delle province (51) il cui decreto si è arenato in Parlamento soffocato da settecento emendamenti. E pensare che l'abolizione delle province l'avevano proposta tutti. Affondato anche il decreto sui costi della politica che “tagliava” le indennità e il numero di consiglieri nelle Regioni e negli Enti Locali, varato dal governo dopo gli scandali in Lazio e Lombardia.
Le Camere hanno approvato la legge che attua il “pareggio di bilancio”, vincolo che imporrà ogni anno manovre lacrime e sangue agli italiani ben guardandosi però dall’approvare analogo provvedimento sul “falso in bilancio”. Nessuna speranza quindi per la completa trasparenza degli atti pubblici e dei bilanci, per l’obbligo anche per i titolari di incarichi in enti locali di rendere nota la propria situazione patrimoniale, per il divieto di affidare incarichi di vertice nell'amministrazione e nelle imprese pubbliche a politici o a condannati per reati contro lo Stato. Analogo impedimento il decreto avrebbe opposto all'ingresso in società pubbliche, asl o altri enti, dei condannati per reati come la corruzione o di chi ricopre incarichi in potenziale conflitto d'interessi, per esempio in società private. Nulla di tutto ciò.
Sì certo, serviva introdurre quanto prima l’odiata IMU che ha prelevato oltre 20 miliardi di euro dalle tasche degli italiani, certo le “casse degli enti locali” erano vuote e andavano rimpinguate però nulla sarà dato di sapere invece sulle “casse dei partiti” vista la “mancata” approvazione della legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, norma che avrebbe finalmente stabilito la natura giuridica dei partiti, regolamentandone la vita democratica interna nonché l'uso delle risorse economiche. Di certo la norma mal si conciliava con la natura personale di tanti partiti.
"…un quadro di comprensione mentale che a me sfugge…" così il Presidente Monti, in conferenza stampa, descriveva la razionalità delle offerte del Cavaliere. Presidente, mi creda, anche a noi cittadini attivi, per quanto sopra, sfugge il “quadro di comprensione mentale” di questa classe politica… o forse no!