“Ho fatto un patto col Diavolo ed uno con Dio” svela il coltivatore diretto Antonio Di Pietro – ci tiene a far sapere che si è da poco iscritto all’albo - a margine del 5° convegno della sua “Italia dei valori”, svoltosi a Vasto (CH) nel week-end di domenica 19 settembre 2010. Col Diavolo, ma solo per il tempo del battito delle ali di una farfalla, per far cadere “l’unto del Signore” e con Dio, perché non porti la pioggia prima delle ore 13 di domenica, termine previsto del suo discorso di chiusura della kermesse abruzzese.
In un tripudio sventolante di bandiere di partito che sapientemente, pochi minuti prima che il Presidente iniziasse a parlare, si sono collocate ai due lati del palco e a favore di telecamera, Antonio Di Pietro ha arringato i suoi dettando le prossime linee guida programmatiche del partito. Lui è li per questo, mica per “cucinare gli spiedini: manco li abbiamo messi!” urla dal palco. Il senso della festa dell’Unità - del centrosinistra - ormai scomparsa.
Appare molto più deciso e determinato rispetto a quando pronunciò, venerdì 17(!), il suo discorso di apertura. Forse la cabala gli aveva suggerito più prudenza ed un tono più dimesso. Non si sa mai, la sfiga è sfiga ed in politica la superstizione regna sovrana… L’IdV vuole costruire l’alternativa a Berlusconi insieme a “tutte” le forze dell’opposizione, poi si corregge subito e replica la frase togliendo la parola “tutte”. Eh sì, perché ora lui manda a dire a quelli del PD che lui si candida a “cofondatore” del nuovo Ulivo (“… olmo, pioppo, quercia, chiamatela come vi pare…”) e non arretra di un millimetro in questa sua posizione, memore dei lunghi periodi di anticamera che, negli anni passati, subì da parte dei “maggiorenti” del centrosinistra. Anzi ci tiene a ribadire che esiste il “diritto di supplenza (IdV) in assenza” del PD. Lui è un po’ come l’istruttore di guida: pigia il pedale del freno quando il praticante, all’ultimo minuto, non lo fa.
E come sempre succede, la ruota (della fortuna soprattutto per Matteo Renzi, sindaco di Firenze) gira per tutti ed ora tocca a lui pronunciare, forte e chiaro, il suo NO all’ingresso in coalizione di finiani ed ex democristiani (“sarebbe una perdita di tempo”), sebbene l’intervento dell’on Granata, finiano di ferro, ospite il giorno prima, avesse riscosso, dalla piazza dei dipietristi, forti applausi e urla di consenso soprattutto quando ha inziato a parlare di legalità e di etica della politica.
“Parli come Di Pietro” aveva con impaccio confessato, alla folla dei presenti, l’accusa che al nuovo colonnello finiano veniva rivolta da suoi ex compagni di partito. Però, a guardarlo bene, non solo quanto dice ma anche il fisico e come veste lo accomunano all’eroe di Mani Pulite: non troppo alto, collo e corporatura robusta, colletto della camicia sbottonato e nodo della cravatta allentato. Perfetto, è il nuovo paladino della legalità.
L’API di Rutelli manco la cita. Per lui non esiste proprio.
Di Pietro si affretta a rassicurare Rosy Bindi che lui non sta “inciuciando” col radiologo Veltroni, autore dell’ennesimo tentativo di spaccatura del PD, come il vicedirettore di “Repubblica” Giovanni Valentini, poco prima sul palco, aveva fatto notare all’imbarazzata presidentessa del partito la quale subito rivolge lo sguardo verso Di Pietro onde capirne le intenzioni. Ma Di Pietro, impassibile, la guarda sornione senza battere ciglio, senza muovere un muscolo del viso. Però il sospetto di un contagio veltroniano si insinua quando l’ex pm dichiara alla folla plaudente che “noi dell’Italia dei Valori” siamo per il maggioritario con doppio turno ”ma anche disponibili per un proporzionale alla tedesca”.
Al pronunciare il nome di Mastella, Casini e D’Alema la piazza urla e fischia sonoramente. Rosy Bindi non sente, se ne era già andata, mentre Ferrero ricorda che “…anche un orologio da molto tempo fermo segna, per due volte al giorno, l’ora corretta…” ed in questo Valentini legge un asse Ferrero - D’Alema. La sua agenda, dice Ferrero, non riporta molti appuntamenti e ci tiene a far sapere che “… domani, lunedì, sono disponibile ad incontrarmi con voi per costruire questa l’alleanza democratica”. “Ma come faremo?..” gli chiedono, perplessi, con voce forte dal fondo della sala e lui risponde con tono deciso “Ora lo vediamo…”. Rosy Bindi era giunta con 50 minuti di ritardo al dibattito condotto da Giovanni Valentini che le aveva riservato il centro del palco e lei aveva ringraziato il direttore perché “riconosce che siamo ancora il partito più grande del centrosinistra…”. “Ancora per poco…” si affrettava ad urlare qualche entusiasta dipietrista sull’onda del crescente consenso che il suo partito riscuote. Non appariva molto a suo agio e nemmeno convinta delle prospettive politiche. Infatti usava il condizionale “…ce la potremmo anche fare a battere Berlusconi..” in questo tradendo una mancata convinzione, ricordando però che, nel passato, sia con Mastella ma anche con Ferrero, lì presente con lei sul palco, non sempre si era trovata d’amore e d’accordo, specie in consiglio dei ministri.
Il dibattito, come si affrettava a chiarire l’on. Massimo Donadi, vedeva invitate sul palco SOLO le forze che l’IdV considera di opposizione: PD, SEL, Federazione della Sinistra, Federazione dei Verdi. FLI, UDC, API e Lista Grillo invitati non graditi. Con un PD in calo di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2008 – Valentini in questo cita Veltroni - ed un astensionismo alle stelle, riesce difficile capire, secondo gli ultimi sondaggi, come questa coalizione possa avere i numeri per battere, alle possibili imminenti elezioni, la coalizione di centrodestra. Una cosa però è certa: ora solo due (PD e IdV) dei cinque partiti presenti sul palco sono rappresentati in Parlamento grazie al “napalm” sparso da Walter Veltroni, alle ultime elezioni, sul terreno del centrosinistra, come chiarisce con decisione alla platea, il direttore Valentini, PD ed IdV non hanno, in Parlamento, una maggioranza di governo alternativa al governo Berlusconi. Come possono ora pensare di proporre un’alternativa di governo, al governo Berlusconi, senza un allargamento dell’alleanza agli esclusi dal dibattito? Claudio Fava chiarisce subito che per il suo partito i finiani stanno comunque dall’altra parte: hanno votato contro la mozione di sfiducia al sottosegretario Nicola Cosentino e hanno appoggiato la legge sulle intercettazioni.
Forte è l’attacco che il capogruppo alla camera IdV porta alla Lega. Resta però da capire perché l’IdV sia l’unica forza di opposizione che, solo pochi mesi fa - maggio 2010 - ha votato a favore del primo decreto attuativo del federalismo fiscale leghista: il federalismo demaniale. Tutti i partecipanti al dibattito riscuotono applausi. Bonelli è l’unico tra i cinque che pronuncia il suo discorso in piedi ed il suo intervento sui temi ecologici e pacifisti è molto applaudito. Dal fondo della sala più di uno urla “bravo!”.
Bindi, Ferrero e Donadi sono coinvolti, dal moderatore, sulla prospettiva di una nuova coalizione ed il discorso si arrovella su geometrie politiche variabili a più cerchi concentrici nell’ambito dei quali - dice Bindi - “io non lascio indietro nessuno, sento l’obbligo di trovare un accordo con tutti quelli che stanno nella mia metà campo…”. “e Fini?” urlano dal fondo della sala e lei subito ribatte “No, non faccio nomi…”. Una prospettiva, questa, non condivisa da Massimo Donadi – “… lasciamo perdere i cerchi…” - che ribatte con forza l’inutilità di inseguire chi non vuole veramente starci; meglio puntare su un programma “ad angolo vivo” e chiedere con decisione: “Ci stai o no?”. Applaudito il suo intervento, alla dipietrese, e lui, come Schumacher, ringrazia la sala agitando il pugno chiuso della mano sinistra.
Valentini incalza chiedendo a tutti i partecipanti una spiegazione sulla inesistenza che, ancora oggi, che lo arrovella, di una legge che regoli il conflitto d’interesse. “E’ dal 1994 che se ne parla…” precisa ma i presenti, pur condividendone i principi, evitano di approfondire l’argomento. Per ben due volte il centrosinistra è andato al governo e per ben due volte si è – volutamente – evitato di prendere questo treno.
La festa, ovviamente, non poteva non prevedere un dibattito su mafia e giustizia, nell’ambito del quale scroscianti applausi hanno riscosso gli interventi di Luigi De Magistris e di Sonia Alfano, sostenuta da parecchi giovani plaudenti – molti con “Il Fatto Quotidiano” piegato nella tasca posteriore del jeans - presenti in piazza che, con le loro bandiere ed i loro striscioni, hanno più volte urlato “Fuori la mafia dallo Stato!”.
Una kermesse che non poteva prevedere alcuni spunti di originalità, come il completo tutto color panna sfoggiato dall’on. Antonio Borghesi, calzini, scarpe e cravatta compresi – dell’intimo non sappiamo, ma possiamo immaginare la stessa cosa – oltre ad un vistoso paio di occhiali da sole, modello tartaruga, di colore verde smeraldo che il deputato ha continuato ad indossare anche a serata inoltrata. L’on. Razzi è invece il politico che più si è notato in sala stampa. Le sue diverse apparizioni, per decine di volte, tra i tavoli della sala, erano continue. Forse le voci su un suo possibile passaggio al centrodestra, nell’ambito della campagna acquisti in corso, poi smentito dal Presidente, lo rendeva personaggio appetibile alle cronache dei media.